Il figlio prediletto

La Parola e la Vita

Domenica dopo l’Epifania: Battesimo del Signore
(Isaia 42, 1-4.6-7 Atti 10, 34-38 Matteo 3, 13-17)

Piero della Francesca, "Battesimo di Cristo" (1448-1450). Londra, National Gallery.
Piero della Francesca, “Battesimo di Cristo” (1448-1450). Londra, National Gallery.

Continua in questa domenica il tema liturgico dell’Epifania, cioè della manifestazione di Dio.
Il Battesimo di Gesù fu una tappa decisiva nella sua manifestazione al mondo come Dio: una specie di seconda epifania. Il Battesimo conclude la prima fase della vita di Gesù: il suo farsi simile all’uomo, la sua imitazione dell’uomo. Egli viene, confuso tra la folla, a sottoporsi a un rito che lo pone nel rango di coloro che hanno bisogno di essere purificati.
Questi è il Gesù annunciato da Isaia nella prima lettura il servo di Dio che non grida e non alza il tono di voce, che non percorre le vie minacciando castighi, che non rompe la canna incrinata e non spegne la fiamma vacillante. Il Gesù mite di cuore che viene a chiamare i peccatori a penitenza, ma con la misericordia.
San Paolo ha riassunto questo aspetto della vicenda di Cristo nel celebre testo di Filippesi 2, 6-7: egli che era Dio non ha considerato come cosa da custodire gelosamente il suo essere simile a Dio, ma si è svuotato prendendo la forma di servo, fattosi simile all’uomo e trovato all’esterno come ogni uomo: tale era il Gesù che venne al Giordano per essere battezzato.
Ma il Battesimo inaugura anche la nuova fase della vita di Gesù. Egli è presentato ufficialmente al mondo dal Padre, come il Messia che parla e agisce autoritativamente in nome suo. È questo l’inizio della cosiddetta vita pubblica di Gesù. Da qui cominciano quei “ma io vi dico” e quel parlare “con autorità” che stupiranno gli scribi e i farisei. Pietro, nel discorso della seconda lettura, fa del Battesimo di Gesù l’inizio della sua storia: fu nel Battesimo infatti che Dio “consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazareth”.
Perché tutta questa importanza? Anzitutto, essa è legata alla manifestazione dello Spirito. Giovanni Battista aveva caratterizzato le due epoche cosí: io vi battezzo con acqua; egli vi battezzerà in Spirito. La discesa dello Spirito è il “via!” alla redenzione; essa indica che è cominciata la nuova creazione perché lo Spirito è riapparso sulle acque come alle origini (Gen. 1, 2).
L’importanza del battesimo, oltre che alla manifestazione dello Spirito, è legata anche alla solenne proclamazione del Padre: “Questi è il mio figlio diletto, ascoltatelo”. Colui che si era fatto il servo è proclamato adesso figlio (Is. 40, 2). È a questo punto che bisogna riprendere la lettura del testo di Paolo ai Filippesi: “Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome” (Fil. 2, 9). È il vertice dell’epifania: non piú una stella, ma la voce stessa del Padre che rivela agli uomini chi è Gesú di Nazareth: il figlio beneamato del Padre.
Gesú ha confermato il senso di questa dichiarazione, chiamando costantemente Dio con il nome di abbà, padre. Dalle sue parole e dal suo agire affiora incoercibile la coscienza di essere il Figlio di Dio. Il Vangelo, specie quello scritto da Giovanni, ce lo mostra in un dialogo ininterrotto con il Padre che continua quello esistente in seno alla Trinità.
Tutta la nostra fede è ancorata a questa coscienza di Gesú. Egli ci salva perché è Figlio di Dio; egli fa di noi dei figli adottivi di Dio perché lui che era figlio naturale si è fatto nostro fratello. La conseguenza di questa rivelazione è nelle parole del Padre: Ascoltatelo! (Mc. 9, 7).
Dobbiamo ascoltare Gesú che ci parla ancora oggi nel suo Vangelo, perché egli ci parla in nome di Dio. Questo imperativo però non significa solo: prestategli attenzione, o mettete in pratica ciò che vi dice. Significa soprattutto: credetegli, date la vostra adesione di fede a lui, accogliete lui, prima ancora che la sua parola.

(tratto da P. Raniero Cantalamessa)