Successo sul filo di lana per il libro di Massimo Montanari che racconta il legame tra il cristianesimo e le nostre abitudini alimentari
Purtroppo non si è potuta effettuare la consueta premiazione per l’assenza dell’autore vincitore
Un’edizione davvero sfortunata questa dell’undicesimo Premio Bancarella Cucina. Perchè è vero che la prima volta è stato un errore cui, con un po’ di attenzione, si poteva rimediare in tempo. Ma stavolta è stata davvero la sorte ad incaponirsi con la vittoria del Premio che è andato all’unico autore della sestina finale non presente. Insomma tanti errori e piccoli incidenti che rischiano di togliere risalto a questa manifestazione che invece, pur essendo l’ultima nata in casa Bancarella, è riuscita in questo decennio di vita a costruirsi un proprio ruolo autonomo e indipendente dai suoi “fratelli” maggiori dimostrando anche una vitalità (come del resto testimonia il dinamismo del mercato editoriale nell’ambito gastronomico) che spesso i tre Premi più anziani (Bancarella, Bancarellino e Bancarella sport) non hanno. Quest’anno purtroppo, è girato tutto un po’ male, e la conclusione è stata in linea con questa successione di eventi sfortunati con la vittoria del Premio Bancarella Cucina che è andata all’unico autore non presente sabato mattina al Palazzo Dosi di via Ricci Armani quando si è tenuta, a distanza di un mese dalla prima, la seconda giornata dedicata alla premiazione del libro vincitore dopo che il primo tentativo era stato annullato a causa di un errore nella scheda inviati ai librai chiamati a votare. E, per uno strano gioco del destino, i voti arrivati hanno decretato la vittoria di Massimo Montanari con il suo “Mangiare da cristiani” (edizioni Rizzoli) con 30 preferenze, come detto non presente alla mattinata e quindi si è chiusa così la manifestazione senza poter procedere con l’abituale premiazione. Una vittoria arrivata davvero sul filo di lana con cinque libri sui sei finalisti che si sono contesi la statuetta del San Giovanni di Dio fino all’ultima scheda. E in appena quattro voti sono infatti racchiusi questi cinque libri: alle spalle del libro vincitore è arrivato, con 28 preferenze, “Gli sbafatori” romanzo di Camilla Baresani edito da Mondadori, terzo posto a pari merito a quota 27 per “Partigiani a tavola” di Lorena Carrara e Elisabetta Salvini (Fausto Lupetti Ediotre) e “Il cuoco universale. La cultura nel piatto” di Andrea Grignaffini e Bob Noto (edizioni Marsilio), ha ottenuto 26 voti “La mia vita al burro” di Philippe Leveille (Giunti editore) ed infine un po’ distaccato, con 15 preferenze, “La cucina piacentina” di Andrea Sinigaglia e Marino Marini. Da segnalare anche l’alto numero di schede nulle (16 sui 67 votanti) causato dalla disattenzione dei votanti: infatti era specificato l’obbligo di votare tre dei sei libri finalisti mentre qualcuno ne ha votato solo uno rendendo nulla la propria preferenza. Alla fine i librai hanno deciso di premiare questo libro (illustrato ai presenti da Giuditta Bertoli della fondazione “Città del Libro”) che racconta come la storia del cristianesimo abbia elaborato nei secoli una serie infinita di modelli alimentari, ogni volta diversi e adattabili alle più disparate circostanze, nel tentativo di ridare al cibo un valore “oggettivo” e di recuperare l’idea secondo cui l’uomo è ciò che mangia. La storia del cristianesimo è un patrimonio straordinario di consuetudini e di contagi culturali che rimandano alla tradizione ebraica, alla filosofia greca, alla scienza dietetica: dal ruolo del pane e del vino nell’eucarestia alla condanna della “gola”, dal mito del Paradiso terrestre al valore di redenzione del digiuno, dalle pratiche alimentari monastiche alle regole dell’astinenza quaresimale. Un percorso culturale-gastronomico che, indubbiamente, fa parte della nostra storia, ma, in molti casi, ha resistito nei secoli fino ad arrivare a formare la nostra quotidianità con il cibo. Prima di arrivare allo spoglio delle schede c’è stata una tavola rotonda con gli autori finalisti, condotta non dall’annunciato Alfredo Pelle, impossibilitato per un malanno stagionale, ma da Giuseppe Benelli, figura storica del Bancarella che, oltre ad un confronto intelligente e puntuale con i finalisti, ha anche illustrato le bellezze pittoriche contenute nello splendido salone dove si è svolto il Bancarella Cucina. All’inizio della mattinata i saluti del presidente della fondazione Gianni Tarantola e della sindaca di Pontremoli Lucia Baracchini hanno ricordato l’importanza della cultura gastronomica nel contesto letterario e come questa sia particolarmente importante e sentita a Pontremoli, città ricca di numerose varietà enogastronomiche. (r.s.)