
Una comunità della bassa valle del Caprio negli estimi del 1508

La zona, che nei libri dell’Estimo di Pontremoli del 1508, è definita “Imus Caprius” apparteneva al cosiddetto “Quartiere del piano”, una delle aree in cui era suddiviso, fra Medio Evo ed Età Moderna, il vasto territorio pontremolese. La denominazione topografica si deve alla localizzazione di questa zona nella piccola piana delimitata dal Magra e dal torrente Caprio, che, scendendo dall’Orsaro, era anche il confine fra Pontremoli e, a Meridione, i territori malaspiniani, Filattiera in primo luogo. Più a monte c’era Rocca Sigillina, a lungo contesa fra Malaspina, Pontremoli, Parma e, quindi, Firenze. La Rocca, importante per la sua posizione, era anche la località da cui in Lunigiana iniziava la “strada lombarda”. Antico itinerario che, valicando il giogo appenninico, metteva in comunicazione la Valle del Magra con quella del Parma, attraverso Logarghena, Frattamara ed il Passo di Cirone. All’interno del territorio pontremolese, l’Imus Caprius confinava con le pertinenze del Summus Caprius (l’attuale frazione di Caprio), con quelle di Serravalle e della Vallis Debianae, oggi tutte frazioni del comune di Filattiera, mentre a Settentrione, sulla sponda sinistra del Magra, nella zona di Pala, si intrecciava con le pertinenze del Borgo. A comporre l’Imus Caprius erano le ville (cioè i nuclei abitati) di Scorcetoli, Ponticello, Canale e Monteluscio, tutte inserite, per quanto riguarda l’Estimo del 1508, nel volume che raccoglie le proprietà immobili dei residenti nelle Valli della Capria, del Gorgoglione ed alta Valdantena. 432 partite da Scorcetoli a Groppodalosio, attraverso i paesi alla destra del basso corso del Caprio, Serravalle, Dobbiana, Ceretoli, Arzengio, Toplecca, Versola, Casalina, Previdè e Groppodalosio. La struttura del volume indica che gli estimatori avevano seguito il tracciato di quella che è oggi conosciuta come via francigena, strada che, convogliando a Groppodalosio i percorsi che valicavano l’Appennino attraverso Cirone, Valoria e Cisa, poteva da Arzengio scendere a Pontremoli, ma più opportunamente, puntare su Filattiera attraverso Dobbiana e Ponticello, nelle cui adiacenze si trovava il ponte sul Caprio che il cronista Giovanni Rinaldo Villani, nei suoi Annali, dichiara essere stato costruito in muratura (ma la notizia ha del favolistico…) addirittura nel 445, anno in cui, sempre secondo lo stesso cronista, fu costruita la chiesa dei Ss. Ippolito e Cassiano a Urceola-Saliceto, la Pieve. Alle 17 partite relative a quanti a Canale nel 1508 possedevano beni immobili (sugli altri l’Estimo non può dire nulla), il volume, parte dell’Archivio Storico del Comune di Pontremoli conservato presso la sezione della SS. Annunziata dell’Archivio di Stato di Massa Carrara, destina 18 pagine, dalla carta 24 recto alla 33 recto. Sono riportate le indicazioni relative a 16 case di abitazione, a 236 appezzamenti di terreno, alla proprietà o gestione di 48 pecore e capre, 36 appartenenti a residenti nel paese e 12 allevate (sei ciascuno) da due residenti, ma appartenenti agli eredi di Francesco de Manganellis abitante nel Borgo di Pontremoli. Il quadro delle proprietà individua una realtà abbastanza florida. Di fatto tutti coloro che possedevano beni immobili abitavano in una casa di loro proprietà, del valore standard di 40 lire, così come in tutto il Pontremolese; l’unica partita che ne era priva era costituita da due appezzamenti di terra rimasti indivisi fra i discendenti di Cristoforo Alberti, che, nel 1508, davano vita a due nuclei familiari distinti. Quanto ai terreni, mediamente ciascun proprietario ne possedeva 14, per un valore di oltre 67 lire, superiore alla media della intera Comunità, attestantesi poco oltre le 57 lire e decisamente più bassa in molte ville, soprattutto in quelle dell’alta/media collina. Il fuoco (cioè il nucleo familiare) che disponeva del reddito immobiliare più elevato era quello degli eredi di Bertone da Rovereto “habitatores villae Canalis”, che disponevano della casa di abitazione, di 51 appezzamenti di terra e di 19 pecore delle quali soltanto 5 allevate direttamente e le altre affidate a mezzadria a gente di Tarasco e Bassone. I terreni erano ubicati in parte al di fuori dell’Imus Caprius: 11 erano nelle pertinenze di Bassone, 1 ciascuno nel Summus Caprius, a Ceretoli ed a Zeri, 19 a Dobbiana e 2 in Logarghena, con alcuni appezzamenti il cui reddito era nettamente superiore alla media: una terra campiva, prativa, altetata et arborata al Desfo (Imus Caprius) valeva 16 lire ed una terra campiva, ortiva, caneparia et altetata a la Costa (presso Bassone, una sorta di poderetto) originava un estimo di ben 35 lire. Le famiglie presenti erano, oltre agli immigrati da Rovereto (3 nuclei) i Perini (7 fuochi), gli Accursini (4), gli Alberti (2). Oltre a costoro nel paese dovevano abitare non pochi altri, se si tiene conto che molte erano le proprietà nella zona appartenenti a importanti famiglie del borgo di Pontremoli o di altre ville, che affidavano con contratti simili alla mezzadria, le loro proprietà a coloni affinché le coltivassero secondo gli schemi puntualmente previsti negli Statuti. E così doveva accadere per le terre appartenenti a parrocchie o altri enti ecclesiastici, compresi gli hospitalia e, in particolare, alla chiesa e convento della SS. Annunziata, che, pur fondati da non molti anni, avevano già accumulato un cospicuo capitale in terre, a testimonianza dell’attrattiva che essa esercitava sui fedeli a Pontremoli e in Lunigiana. Beni importanti, generalmente concessi a livello a persone di cui non è possibile conoscere l’identità attraverso la fonte dell’Estimo; cosa che impedisce di definire, se non con notevole approssimazione, il numero degli abitanti a Canale. Se si tiene conto che, sulla base di stime riferite ad anni successivi, un fuoco poteva contare su 8/10 componenti, solo quelli censiti come proprietari di immobili determinavano una popolazione prossima alle 150 unità. I terreni appartenenti agli abitanti di Canale si trovavano per circa l’80% nelle adiacenze del paese. Per il resto, oltre a quelli già citati circa le proprietà degli eredi di Bertone da Rovereto, se ne trovano alcuni presso Arzelato, Ceretoli e Teglia, spesso castagneti. Le coltivazioni più frequenti sono le tipiche della zona del Piano, certamente la più ubertosa del Pontremolese. Per lo più si è di fronte a seminativi (il 28,03%) associati a vigneto (il 14,35%, cui sommare l’8,98% delle viti gestite a pergola) ed uliveto (8,31%). Diffusa anche la coltura del castagno (18,64%), così come i terreni alberati (10,54%, con, fra le essenze maggiormente presenti, noce, melo e pero), ed i prati (4,35%). Residuali canapaie (2,65%), orti (2,36%), querceti (0,72%), boschi cedui (0,56%), cerreti (0,40%) e terre incolte (soltanto lo 0,11%). Valori, questi, che rimandano al valore dei singoli beni, ma che non offrono la misura delle singole terre, poiché un seminativo era valutato in maniera ben diversa da un bosco ceduo o da un incolto.
Giulio Armanini