
Giubileo degli ammalati. Sorpresa e grande emozione in Piazza San Pietro per la comparsa di Papa Francesco che ha rivolto un breve saluto alla folla dei fedeli

Un momento di grande sorpresa – che si è fatto un misto di gioia e commozione, applausi e preghiere – quello che si è vissuto domenica scorsa in Piazza San Pietro, al termine dell’evento giubilare degli ammalati e del mondo della sanità.
È stato un abbraccio immenso che il popolo cristiano ha tributato al proprio “Padre” nella fede. In quel gesto ha voluto essere presente l’affetto di tutta la Chiesa, pellegrina nel mondo, che tanto ha pregato per la salute di Papa Francesco.
E ancora più grande e corale è stata l’emozione quando il Santo Padre ha pronunciato quelle poche parole di saluto e si è unito all’arcivescovo Rino Fisichella (che aveva celebrato la S. Messa) nell’impartire il gesto di benedizione.
Senza vergogna e mostrando la fragilità del corpo, il Pontefice ha fatto percepire con mano come la Chiesa sia presente nella vita di ogni giorno. Come la Chiesa ci accompagni nei giorni lieti ma anche nell’ora della prova… forse allora non è stata certo casuale la presenza del Papa così come non sono certo state di circostanza le parole che ha inviato per l’omelia della celebrazione.

La malattia – ha scritto Papa Francesco – è una delle prove più difficili e dure della vita in cui “tocchiamo con mano” quanto siamo fragili.
La malattia – prosegue il testo – può arrivare a farci sentire privi di speranza per il futuro. Ma non è così. Anche in questi momenti “Dio non ci lascia soli” e se ci abbandoniamo a Lui possiamo sperimentare la consolazione della Sua presenza.
Facendosi uomo infatti “ha voluto condividere in tutto la nostra debolezza e sa bene che cos’è il patire”. Perciò a Lui possiamo affidare il nostro dolore, sicuri di trovare compassione, vicinanza e tenerezza.
Nel suo amore fiducioso infatti, Egli ci coinvolge perché possiamo diventare a nostra volta, gli uni per gli altri, “angeli”, messaggeri della Sua presenza “al punto che spesso, sia per chi soffre sia per chi assiste, il letto di un malato si può trasformare in un luogo santo di salvezza e di redenzione”.
Quindi il Papa si è rivolto a medici, infermieri e membri del personale sanitario cui il Signore offre l’opportunità di rinnovare continuamente la loro vita, nutrendola di gratitudine, di misericordia, di speranza.
Il Signore – ha detto loro il Papa – vi chiama ad illuminare la vostra vita con l’umile consapevolezza che nulla è scontato e che tutto è dono di Dio; ad alimentarla con quell’umanità che si sperimenta quando, lasciate cadere le apparenze, resta ciò che conta: i piccoli e grandi gesti dell’amore.
Quindi un pensiero per i malati sottolineando che l’esperienza di debolezza e infermità non è sempre facile però “è una scuola” in cui impariamo ogni giorno ad amare e a lasciarci amare, senza pretendere e senza respingere, senza rimpiangere e senza disperar “grati a Dio e ai fratelli per il bene che riceviamo” abbandonati e fiduciosi per quello che ancora deve venire.
La camera dell’ospedale e il letto dell’infermità – ha proseguito – possono essere luoghi in cui sentire la voce del Signore che dice anche a noi: “Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” E così rinnovare e rafforzare la fede.
Infine un invito a tutti perché “non releghiamo chi è fragile e lontano dalla nostra vita” e non ostracizziamo il dolore dai nostri ambienti.
Di qui l’appello del Pontefice a farne occasione per crescere insieme e per coltivare la speranza, grazie all’amore che per primo Dio ha riversato nei nostri cuori e che “rimane per sempre”.
Fabio Venturini