Giubileo 1950:  dalle macerie della guerra una speranza per un mondo  che vuole la pace

“Santificatevi e siate santi perché io sono il Signore Dio vostro”

L’invocazione di Papa Pio XII il 3 agosto 1943 nelle ore seguenti il bombardamento sul quartiere di San Giovanni a Roma

Il distacco dalle cose terrene per rivolgere lo sguardo a quelle celesti non è un appello che la Chiesa rivolge solo nel 2025: se, a volte, ci sembra che tutto il passato fosse meglio del presente, è perché non lo ricordiamo bene oppure perché lo abbiamo edulcorato più o meno volontariamente.
Si sa, la memoria è fallace, ma la lode dei tempi passati è stata sempre sulla bocca degli uomini che, vedendo la novità, hanno sempre denunciato lo sdilinquimento dei costumi e delle tradizioni.
Ecco che la bolla di indizione del giubileo del 1950, Iubileum Maximum, promulgata dal venerabile Pio XII il 26 maggio 1949, ci mostra come non c’è nulla di nuovo nel cuore dell’umanità che, se non distoglie lo sguardo dai beni terreni per rivolgersi ai beni eterni, oggi, come settantacinque anni fa, compie gli stessi errori.
Dopo il massacro bellico papa Pacelli intendeva richiamare il mondo ad abbandonare la futile ricerca dell’effimero per essere santi e perfetti come Dio. È innegabile che ogni papa, promulgando l’Anno Santo, abbia a cuore la condizione della Chiesa in quell’anno: già nel 1925, come ricordava Mattia Moscatelli, Pio XI dovette fare i conti con un mondo lacerato dall’inutile strage della Prima guerra mondiale e da un’Europa dove l’ombra del totalitarismo fascista si stava espandendo.

Eugenio Maria Pacelli: Papa Pio XII dal 1939 al 1958

Ancor più drammatica era la condizione del mondo nel 1950: a cinque anni dal termine del conflitto che aveva portato con sé milioni di morti, fagocitati dalla furia omicida dei totalitarismi antilibertari, in un’Europa polarizzata attorno alle grandi potenze degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica, in un’Italia povera, straziata dalla guerra fratricida di liberazione dall’occupazione nazifascista, in una nuova repubblica, ove politici sicuramente più accorti di quelli attuali (di qualsiasi schieramento politico) avevano a cuore il futuro della nostra nazione, il giubileo poteva apparire straniante: perché gioire? Come gioire quando le famiglie non sapevano di che mangiare? Perché rallegrarsi quando i poveri erano in aumento?
Pio XII, figura complessa su cui, finalmente, grazie alla decisione di papa Francesco di aprire gli archivi sul suo pontificato, sta emergendo la verità, spesso travisata da pura propaganda iconoclasta e schierata, esortava la Chiesa a rallegrarsi perché Cristo ha liberato tutta l’umanità con la sua morte e risurrezione: è Lui il solo che ascolta il grido del povero e viene in suo aiuto, è Lui il solo in cui riporre tutte le speranze in un mondo disperato per la povertà materiale e spirituale, in un’Europa che si avviava a una divisione interna imposta da biechi calcoli politici, in un’Italia che iniziava la ricostruzione, piena di ferite, ma anche di speranze.
L’appello a essere santi significa, pur nelle difficoltà di tutti giorni, oggi come allora, avere speranza in Dio, consapevoli che la nostra cittadinanza è nei cieli, come ricordava San Paolo alla comunità cristiana di Filippi.
Sono trascorsi tanti anni dall’ultimo Anno Santo: era cambiata epoca. Non è una frase fatta, dal momento che proprio il Giubileo del 1950 fu il primo trasmesso dai media: la Radio Vaticana, nata nel 1931, fondamentale per la trasmissione dei messaggi pontifici durante la guerra, aveva iniziato un’opera di informazione e di copertura quasi totale degli eventi giubilari.

La prima pagina del Corriere Apuano del 22 luglio 1950 dopo il pellegrinaggio a Roma della Diocesi di Pontremoli

Pio XII aveva disposto che le offerte per il suo anniversario di ordinazione fossero destinate alla Radio affinché tutti potessero udire la voce del papa: l’emittente vaticana aprì collegamenti con tutto il mondo fino all’America Latina, dove i fedeli potevano ascoltare le udienze generali del mercoledì e del sabato. Un nuovo mondo si affacciava, quello della comunicazione immediata: la Chiesa non poteva né voleva rimanere indietro sui tempi.
Essere Chiesa in uscita, in un mondo preglobalizzato, ove gli spostamenti non erano così rapidi come oggi, significava far ascoltare a tutti la voce del papa. Il 1950, però, non era poi così differente dal 2025: Pio XII, infatti, aveva a cuore la pace in tutto il mondo, ma soprattutto in Palestina, dove si avviava a un temporaneo cessate il fuoco il primo conflitto arabo-israeliano.
La terra solcata da Cristo anche allora era infiammata da guerre e violenze a causa della mancanza di uomini capaci di dialogo e di ascolto, desiderosi di imporsi, pur mandando a morte decine di migliaia di innocenti. Una pace giusta per una convivenza fraterna era auspicata da papa Pacelli: tutto ancora irrisolto, tutto ancora da fare.
La pace sorgerà solo quando, deposti i dissensi e le volontà di affermazione, statisti capace di guardare al bene comune sapranno riconoscere gli errori della propria parte e andare avanti.
È solo con la pace nel cuore, sosteneva Pio XII, che si potrà far tacere le armi per sempre. È solo considerando effimeri i beni di questa terra, imitando la santità di Cristo, che si avrà la pace perché saremo rivolti ai beni eterni.

Riccardo Bassi