Quando a Groppoli arrivò il cantiere dell’Autocamionale della Cisa

Riccardo Boggi ricorda la rivolta della popolazione contro gli espropri, i bassissimi prezzi offerti per i migliori terreni agricoli della piana e i picchetti della gente davanti alle ruspe

Venuta aerea della Piana di Groppoli stretta fra il tracciato della A15 e il fiume Magra (Foto Lunigiana World)

Era una mattina d’agosto, sul finire degli anni sessanta e la Mora e la Bionda mangiavano tranquillamente nella parte alta del Guerciòn, il mio prato preferito, perché lì l’erba era sempre fresca per l’acqua del vicino canale […].
Proprio quella mattina vedo spuntare tre uomini: due operai con uno strano oggetto tipo binocolo su supporto, che poi ho scoperto chiamarsi teodolite, e uno vestito più elegante con borsa e tavoletta con blocco appunti, il terzo con borsone e picchetti di legno con la capocchia dipinta di rosso. Si fanno spazio tra le erbacce e piantano il picchetto.
Chiedo di che cosa si tratti e mi dicono che segnano la mezzeria della futura autostrada e che lì, tra non molto, nel bel mezzo del mio Guerciòn passerà l’Autocamionale della Cisa. A dir il vero, lì per lì non ci ho creduto e in paese non ci hanno creduto in tanti, anche perché eravamo già rimasti scottati dall’aver visto passare alla chetichella il metanodotto in pieno paese, deturpando e mettendo servitù sulla più bella piana e adesso, se fosse passata l’autostrada, tutta la piana agricola di Groppoli sarebbe stata sprecata.
Passarono due o tre anni e arrivarono centinaia di notifiche di esproprio, comprese quelle per la mia famiglia relative a parte del prato del Guerciòn di mia proprietà, manche al vigneto della Pianèla. Poi un giorno si presentò un signore molto educato con giacca e cravatta e venne ad offrire un concordato: di fronte ad un bicchiere di vino proponeva 50 lire di indennizzo al metro quadrato.
In paese ci fu una rivolta: gli amministratori comunali della Democrazia Cristiana, interpellati, non si fecero vivi e la palla al balzo fu presa da due appartenenti al Partito Comunista locale, molto noti per l’attività politica e per essere stati partigiani, anche abbastanza discussi: uno era il celebre Raffica, al secolo Costantino Cirelli, futuro Presidente della Provincia, l’altro Marx, simpaticamente noto come Girò, gran patron della celebre balera “Il Nido” di Filetto, al secolo Girolamo Balestracci.

Il muro ricollocato lungo l’Autocamionale della Cisa è tutto quanto resta dell’antica chiesa di San Pietro (Foto Pro Loco Mulazzo)

Subito convocarono i proprietari al bar Boggi e poi presero la decisione di bloccare i lavori non appena le ruspe si fossero messe in azione. I lavori iniziarono: all’Arpiola fu demolito il casolare del podere di san Pietro.
A nulla valse il grido di dolore degli storici locali: da Augusto Cesare Ambrosi a Germano Cavalli e Mario Niccolò Conti. Sapete perché? Demolendo ci si era accorti che la cantina della casa rurale altro non era che l’antichissima chiesa di san Pietro de Pisciula, dipendenza dell’abbazia di Brugnato, risalente, pare, al VI-VII secolo.
L’ingegner Conti progettò una variante modesta del raggio di curva dell’autostrada, che avrebbe salvato il monumento, ma nulla si ottenne e oggi un lacerto di muro è lì accanto alla rete di recinzione dell’Autocisa, insignificante.
Intanto noi abitanti groppolesi, in attesa di vedere arrivare le ruspe, guardavamo la casa del Catarello, proprietà del postino mio zio, che non voleva andar giù: avevano legato cavi di acciaio passanti da finestra a finestra e tiravano con enormi ruspe, ma la lotta fu dura: più facile demolire il pozzo che – ricordo – aveva un’acqua freschissima, ed è rimasto lì, sepolto giusto sotto la mezzeria autostradale, all’altezza dell’area di servizio di San Benedetto nord.

La S. Messa che ogni anno viene celebrata nei pressi del luogo dove sorgeva l’antica chiesa di San Pietro ad Arpiola di Mulazzo

Intanto il fatidico giorno arrivò: ruspe con grandi lame della ditta Farsura di Roma prendevano avanti le piante di vite come fossero fuscelli e le ammassavano ai lati, dove altre ruspe con le benne le caricavano sui camion e in breve di un campo coltivato con grandi sacrifici restava un piazzale desolato da spianare e poi livellare con ghiaia. Arrivano le ruspe e scatta la rivolta: Raffica e Marx radunano vecchie, bambini e ragazzi minorenni tra i quali ci sono anch’io, e decino che è ora di passare all’azione. Ci trasferiamo in un prato sulle sponde del torrente Geriola: è estate e per fortuna un grande pioppo regala un poco di ombra: distante da noi qualche centinaio di metri, verso Pontremoli, una coppia di ruspe si prepara minacciosa ad avanzare, ma noi ci schieriamo a formare una catena umana. […]
Il primo giorno non succede nulla: le ruspe si fermano, di notte non si lavora, la ditta perde una giornata di lavoro ed i responsabili degli espropri si mettono in agitazione. […] Il clima si surriscalda; nei giorni successivi arrivano i carabinieri, poi da Massa anche la Questura: fanno opera di convincimento, ma si capisce che i dimostranti non hanno nessuna intenzione di mollare. […]
Si ha notizia del possibile arrivo della polizia dalla Questura per lo sgombero e l’identificazione e denuncia dei dimostranti. La svolta arriva da Massa: un pomeriggio scortato da Raffica e Marx, un elegante bel signore – in camicia bianca con giacca appoggiata sulla spalla – avanza e si presenta ai carabinieri che lo salutano militarmente: è il deputato comunista Silvano Lombardi.
Lo abbracciano tutti: comunisti, socialdemocratici, democristiani, anche qualche missino: uniti tutti dall’aver campi espropriati e indignati per quelle cinquanta lire offerte come indennizzo. La strategia è semplice: alle forze dell’ordine, alla ditta e alla società dell’autostrada l’onorevole comunica che il responsabile della protesta è lui e che a lui si dovranno riferire anche per il tramite dei suoi uomini di fiducia Marx e Raffica. […]
I giorni di cantiere persi cominciano ad essere troppi per la ditta e la società concessionaria dell’autostrada credo faccia il conto delle somme da rimborsare ai proprietari e presenta una nuova offerta, probabilmente offerte differenziate che, ad una ad una, vengono accettate e la protesta si dissolve: il mio Guerciòn e la mia Pianèla da 50 lire al metro passano a 800 lire al metro e mi serviranno poi quando mi iscriverò all’Università, prima di arrivare al benefico presalario.
Intanto i lavori andarono avanti: mio zio aveva ingrandito il bar e faceva ristorante, il cantiere era uno spettacolo gratuito per adulti e bambini, mai si erano visti mezzi meccanici così giganteschi, a casa mia interruppero la vecchia strada e aprirono una nuova viabilità e vidi arrivare le ruspe nel piazzale.
Come in ogni grande opera arrivarono giovani operai e qualcuno si fermò e mise su famiglia qui, come già accaduto ai tempi della costruzione della ferrovia a fine Ottocento e della centrale di Teglia negli anni venti del Novecento. […]

Riccardo Boggi
Il testo è tratto dal racconto
“Quando è arrivata l’Autocamionale della Cisa”
in “Sembra Ieri” (UniTre Pontremoli, 2024)