Tra marginalità e degrado: il declino del rione di San Pietro

Momenti di tensione in un tentativo di sgombero di immigrati dalla ex caserma dei Carabinieri. Un episodio di degrado sociale che fa riemergere l’inerzia delle istituzioni, in un rione da decenni in crisi e privo di un progetto di recupero.

La cronaca pontremolese di fine agosto è stata contrassegnata dal tentativo di sgombero di Palazzo Malaspina, già sede dei Carabinieri e poi della biblioteca civica. All’intimazione da parte delle forze dell’ordine di lasciare l’edificio (già sgomberato una prima volta venti giorni prima) gli occupanti, di origine maghrebina, avrebbero reagito lanciando suppellettili in strada e dando alle fiamme ad alcuni arredi, prima di darsi alla fuga dal retro dell’edificio. Al di là dei risvolti penali della vicenda, l’episodio è solo l’ultimo di una storia di degrado e talvolta di illegalità che va avanti dalla fine degli anni ’80, quando a Pontremoli si registrarono le prime criticità legate all’immigrazione dal Maghreb proprio nel rione di San Pietro, non lontano dallo scenario dei fatti sopra riassunti, a cui sono seguite le note vicende della casa Anas dell’Annunziata, poi dell’Ospedale vecchio ed altri episodi, di minor impatto mediatico, ma comunque gravi, che palesano la persistenza di sacche di emarginazione e degrado che non sono mai state affrontate con un progetto di inserimento sociale, ma solo con sgomberi, soluzioni provvisorie e, soprattutto, tanta indifferenza. Qualche coraggioso tentativo di creazione di percorsi di inclusione e legalità intrapreso negli ultimi anni è stato disseminato di ostacoli e ostilità.

Il palazzo del Marello
Il palazzo del Marello

Merita qualche considerazione il contesto in cui l’ultimo episodio si è consumato. Palazzo Malaspina e l’attiguo stabile dell’ex Convitto Marello, ad esso collegato e dal quale ogni sera gli occupanti pare che entrassero all’interno, sono di proprietà della Provincia di Massa-Carrara ma, da quel che riporta la stampa quotidiana, dati in custodia al Comune di Pontremoli. Non è chiaro il riparto di competenze tra i due enti, ma si sa che mentre la Provincia tenta periodicamente di vendere la ex sede dei Carabinieri, il Comune, dopo aver impiegato per alcuni anni il Marello come plesso scolastico e il palazzo Malaspina come biblioteca (entrambe le sedi erano peraltro del tutto inidonee ai servizi a cui erano preposte), ha lasciato da diversi anni privi di funzioni i due immobili. Il recente incarico dato dal Comune ad un architetto per esplorare possibili nuovi impieghi futuri del complesso immobiliare non modifica una situazione che costituisce terreno fertile per occupazioni abusive e altri illeciti.

Il Teatro della Rosa a Pontremoli
Il Teatro della Rosa a Pontremoli

A rendere ancor più critico il contesto è la situazione complessiva dei rioni di Santa Cristina e San Pietro, spopolati e desertificati da un punto di vista commerciale. Una situazione che viene da lontano, da quando negli anni ’80 un quartiere ancora vitale entrò in crisi per lo spostamento definitivo del baricentro cittadino verso Verdeno. Colpisce che in quarant’anni non è stata adottata alcuna contromisura o tentato un progetto di rilancio. Al contrario, il declino è stato agevolato da scelte come la chiusura della scuola Mazzini, con le aule, lo spazio dell’arena cinematografica e alcune feste estive chiusi per creare appartamenti popolari di dubbio comfort e una casa della salute ora in attesa di nuovi investimenti con i fondi Pnrr: un progetto importante per l’area ma che non cancella la realtà di un rione ricco di storia e di arte da decenni nell’oblio, con poche attività che eroicamente resistono al senso di abbandono che le circonda. Ad eccezione della festa di San Pietro e dell’apertura una tantum di qualche palazzo, nessuna iniziativa della vivace attività culturale e folkloristica pontremolese va oltre il Teatro della Rosa; nemmeno una manifestazione grande come Medievalis si pone l’obiettivo di animare il lungo corso che scende verso Porta Fiorentina e che nelle ore serali assume toni spettrali. È in contesti come questi che marginalità e degrado attecchiscono e sfociano in problemi di ordine pubblico: dinamiche sociali che in molti immaginerebbero propri di una grande metropoli e che invece si sviluppano in un piccolo comune. Procedere alla repressione di eventuali reati è doveroso, ma non si può continuare a fare finta di nulla sulle condizioni di contorno: è necessario affrontare la situazione in tutta la sua complessità, istituzioni e società civile assieme, per dare soluzione ai problemi e, soprattutto, dignità ad un quartiere e alle persone che lo abitano. (d.t.)