
I dati delle presenze alberghiere ed extralberghiere segnalano una costante crescita del turismo in Lunigiana. Ma il confronto con la Garfagnana è impietoso: c’è ancora un grande lavoro di sistema da fare; e va analizzato senza pregiudizi l’impatto del fenomeno Airbnb
Hanno destato più di una preoccupazione le statistiche sul turismo presentate all’interno del Rapporto sull’economia provinciale nel 2023. Secondo il Rapporto presentato dalla Camera di Commercio Toscana Nord-Ovest, le presenze turistiche in Lunigiana nel 2023 sono state 102 mila, il 6% in meno rispetto al 2022. Si tratterebbe di un numero di presenze che riporterebbe l’Ambito turistico della Lunigiana ai valori del 2019, azzerando anni di sforzi degli operatori del settore per promuovere il territorio e la sua offerta turistica. Un dato apparentemente negativo, dunque, però parziale. Senza applicare la massima secondo la quale “se torturi i dati abbastanza, alla fine confesseranno quello che vuoi”, occorre osservare che i ricercatori camerali hanno usato dati Istat che riguardano le presenze alberghiere e quelle extralberghiere “professionali”, cioè agriturismi, ostelli e bed and breakfast, escludendo dalla conta le locazioni turistiche da parte di soggetti non professionali che veicolano la propria offerta attraverso piattaforme come Airbnb, una realtà in grande crescita anche in Lunigiana. Istat non rileva le presenze in queste strutture non per negligenza, ma per la difficoltà nel censire un fenomeno non regolamentato in buona parte d’Italia e quindi difficile da comparare a livello nazionale.

La Toscana però ha imposto, sin dal 2016, la comunicazione delle presenze in queste strutture alle prefetture. È attraverso questo adempimento – il cui rispetto probabilmente si sta consolidando negli anni lasciando quindi qualche margine di cautela nella comparazione temporale dei dati – che si può arrivare ad un ritratto più completo del turismo lunigianese. Sommando dunque ai dati del settore alberghiero anche quelli delle locazioni turistiche, le presenze turistiche in Lunigiana nel 2023 passano da 102 mila a quasi 143 mila, il 5% in più del 2022, fornendo un dato più veritiero (con le cautele poc’anzi espresse) e confortante. In sintesi: il turismo in Lunigiana cresce. Tutto bene quindi? Dipanata la matassa statistica, qualche approfondimento può aiutare a non dipingere un cielo più azzurro di quello che è. Il primo aspetto da valutare sono proprio le oltre 40 mila presenze in strutture non professionali.
Se da un lato Airbnb consente a case altrimenti tagliate fuori dal mercato degli affitti di produrre introiti in grado di contrastarne l’abbandono, con ciò che ne consegue per la vitalità del territorio, dall’altro occorre considerare che, a differenza delle strutture professionali come gli alberghi, l’impatto occupazionale delle locazioni turistiche è limitatissimo. La proliferazione senza vincoli di queste strutture rischia di produrre effetti distributivi discutibili: l’arricchimento di chi possiede un patrimonio immobiliare (favorito anche da una normativa fiscale molto lacunosa) a discapito delle strutture professionali, più capaci di generare un reale indotto. È dunque opportuno valutare senza pregiudizi gli aspetti positivi e negativi di questo segmento dell’offerta turistica. Il secondo aspetto riguarda l’effettivo successo della rinascita turistica lunigianese. Se si prendono ad esempio i dati Istat di Lunigiana e Garfagnana, due valli “gemelle” per caratteristiche orografiche e sociali, si osserva che a fronte delle 102 mila presenze in Lunigiana nel 2023, quelle della Garfagnana e della Media valle del Serchio sono state oltre 294 mila, quasi tre volte di più. Eppure la Garfagnana non è percorsa da un’autostrada, la sua ferrovia nelle ultime 4 estati è stata chiusa, non può vantare un accesso in tempi rapidi al mare. È evidente che c’è un gap da colmare. Gli operatori turistici lunigianesi hanno saputo operare molto bene, iniziando una ventina d’anni fa, in solitudine, a promuovere le potenzialità del territorio e riuscendo poco a poco a convincere gli amministratori locali a lavorare sul turismo – incentivati anche dalla legge regionale che costituì l’Ambito turistico lunigianese – ma la società e la politica lunigianese debbono ancora lavorare per migliorare, attraverso azioni condivise su tutto il territorio i servizi, l’immagine e la qualità dell’offerta, scacciando la tentazione di facili autocelebrazioni.
(Davide Tondani)
Ma non di solo turismo può vivere la Lunigiana
è il refrain di ogni amministratore locale, lo stiamo ascoltando anche in queste settimane di campagna elettorale in otto comuni: “dobbiamo sviluppare il turismo”. A giudicare dall’insistenza con il quale viene riproposto l’argomento, il turismo sembra quasi l’araba fenice di una Lunigiana capace di risorgere dalle proprie ceneri. Ma al di là del fatto che spesso si fatica a vedere azioni di sistema indicative di una reale determinazione a raggiungere l’obiettivo (basterebbe parlare di Parco dell’Appennino, di decoro urbano o di tutela del paesaggio con amministratori o semplici cittadini per rendersene conto), è evidente che il turismo è un tassello importante di qualsiasi sistema economico locale, ma non può essere la soluzione a tutti i problemi. E non perché la Lunigiana non sia attrattiva, ma perché i servizi turistici sono un settore a basso valore aggiunto. Fuori dai tecnicismi, il turismo è un settore capace di generare occupazione in modo limitato e, in Lunigiana, per nemmeno metà anno. Le esperienze di successo di imprenditoria giovanile in ambito turistico a cui abbiamo assistito in questi anni sono modelli da portare come esempio, ma sarebbe illusorio pensare che siano replicabili all’infinito. A fianco al turismo servirebbe anche altro per scongiurare lo spopolamento di una valle che ha perso 4 mila abitanti in dieci anni. Uno sviluppo occupazionale solido e capace di generare effetti moltiplicativi positivi passa anche per altro: misure di tutela per l’artigianato, strategie per uno sviluppo industriale ecocompatibile, spazi per startup innovative, percorsi scolastici coerenti con questi campi d’azione, misure sociali e infrastrutturali di supporto. Ma di tutto questo non si parla. Quella Lunigiana da sempre ripiegata nel suo “siamo fatti così”, “si è sempre fatto così” sembra voglia puntare tutto sull’accoglienza. Niente di male, a patto che il continuo parlare dei turismo non sia un modo per occultare assenze di visione e vuoti progettuali. (d.t.)