
Chiusi da tempo teatri e cinema storici del territorio comunale
In una recente mostra, allestita nella biblioteca comunale dal “Manicomio fotografico”, si riconoscevano, fra i tanti edifici e luoghi abbandonati e disastrati di varie località italiane, gli interni del Teatro Accademico degli Imperfetti di Fivizzano ed il Cinema Ideal di Monzone. Non erano contrassegnati da alcuna didascalia, ma, almeno da parte degli abitanti più anziani, non era difficile la loro identificazione. Diversa è la storia, ma identica nelle motivazioni e contemporanea è stata la loro fine. L’inaugurazione del Teatro degli Imperfetti risale al 1810: progettato dall’architetto Paolo Bargigli, lo stesso degli Impavidi di Sarzana, e realizzato col patrocinio dell’omonima Accademia – la cui costituzione pare risalire alla metà del secolo XVII – nella sua forma ovale poteva contenere ben 600 persone a sedere. Disponeva, inoltre, di 50 palchi, distribuiti su tre ordini. Le gravi lesioni causategli dal terremoto del 1920 ne consigliarono la demolizione. Nella ricostruzione la struttura subì notevoli modifiche; in seguito, vi si crearono anche gli spazi per un cinema e una banca. Le ultime rappresentazioni risalgono alla fine degli anni ‘70. All’incirca nello stesso periodo risale la chiusura del cinema Ideal, costruito a Monzone verso la metà degli anni ‘50 per iniziativa privata di Pelli Bengasi, persona che per 30 anni, dal secondo dopoguerra, fu consigliere comunale ed assessore, molto impegnato nell’affrontare i numerosi problemi in particolare della Valle del Lucido – della quale non faceva parte amministrativamente Gragnola, ancora sotto la giurisdizione del Comune di Fosdinovo – e per questo, oltre che per la sua disponibilità, stimato e benvoluto. In tanti ricordano ancora i pomeriggi dei giorni di festa passati nel cinema, armati di panini per la merenda, ad assistere a tutte le proiezioni del film e i giovedì sera per seguire alla televisione “Lascia o raddoppia?”. Sono nella memoria i veglioni di Capodanno, organizzati dalla “Sportiva” e le spassose commedie in dialetto di Sergio Mastrini. Poteva contenere oltre 200 persone fra platea e galleria e disponeva, come il teatro di Fivizzano, di un ampio palco. La televisione, un diverso modo di vivere, la diminuzione della popolazione – ed altro ancora, a detta dei sociologi – hanno stravolto le vecchie abitudini e determinato la chiusura di questi locali di spettacolo, ma anche di incontro, di scambio di opinioni, di ritrovo delle comunità.

Dopo la chiusura, i due teatri hanno conosciuto vicende diverse, collegate, nel caso di Fivizzano, a cambi di proprietà e a prospettive di utilizzazione anche di rilievo, ma mai realizzate. Per quanto riguarda il cinema Ideal, risulta che ci siano stati interessamenti del Comune, ma anche di privati, mai andati in porto: solo molto fumo. Una vita un po’ più lunga ebbe il Cinema Moderno di Gragnola, abilitato solo alla proiezione di film, che sopravvisse ancora alcuni anni, per essere, poi, trasformato in fondi per negozi. Da circa 40 anni, pertanto, il Comune di Fivizzano non dispone di spazi idonei per convegni, spettacoli, saggi scolastici: per tutte queste iniziative si utilizza il salone-sala consigliare del Museo degli Agostiniani; per qualche conferenza si deve ricorrere alla sala AVIS. Il tutto con spreco di energie per l’allestimento, il trasporto di materiali, il conseguente smantellamento e a discapito della buona riuscita degli spettacoli per il sovraffollamento, per la cattiva acustica, per la scarsa visibilità degli attori o dei coristi. A vero dire c’è un luogo riconosciuto ed inserito ufficialmente anche dalla Regione fra i piccoli teatri della Toscana: è l’Aula Magna dell’edificio scolastico “A. Bartoli”, dotata di palco mobile ed abilitata per sole 99 persone. Purtroppo ora è inagibile a causa dell’ultimo terremoto. Data questa situazione, simbolo del declino di un territorio sempre più disaggregato ed individualista (meno male che ci sono ancora dei volonterosi sacerdoti e delle associazioni, come le Pubbliche assistenze e le squadre di calcio, a tenerlo insieme), non sarebbe male, a nostro giudizio, che qualcuno facesse un pensierino al recupero di questi storici locali, magari ricorrendo a progetti assistiti da finanziamenti regionali o statali o da contributi di privati o di associazioni, come sta avvenendo o è già avvenuto per altre opere. Unendo le forze, forse si potrebbe realizzare qualcosa che rimanga nel tempo, stimoli attività importanti anche dal punto di vista culturale e della tradizione e risvegli un po’ l’amore per il proprio territorio, riaggregando i suoi abitanti. Pare anche che esistano le fonti finanziarie cui attingere. Ci potrebbero essere, insomma, tutte le premesse per fare un tentativo. Perché non provare?
Andreino Fabiani