Italo  Calvino  creatore di  bellezza

Nel centenario della nascita Nato a Cuba nel 1923, è stato scrittore mirabile, un grande creatore. Da “Il sentiero dei nidi di ragno” (1947) a “Palomar” (1983)

Italo Calvino dona il patrimonio librario dei genitori alla biblioteca di Sanremo nel 1979. (da Wikipedia)

In questo mese di ottobre si è parlato molto di Italo Calvino, nato a Cuba il 15 ottobre 1923, un secolo fa e morto improvvisamente nel 1985. I genitori scienziati erano di Sanremo, volevano che il figlio studiasse e scrivesse di scienza, obbedì facendo tre anni alla facoltà di Agraria, ma era uomo di lettere, scrittore mirabile e critico.
Un grande creatore, sempre in evoluzione ma senza strappi drastici con la tradizione letteraria del romanzo: cambiò la struttura della narrativa sul filo rosso di una continuità. Prima di tutto la fedeltà ai classici, che sono quelli che parlano a tutti e in ogni luogo. Partigiano, militò nel dopoguerra nel PCI, ma ne uscì dopo la repressione violenta dei carri armati sovietici a Budapest nell’ottobre 1956.
Un primo romanzo è Il sentiero dei nidi di ragno, esce nel 1947 e stesura definitiva nel 1964 coi connotati del romanzo storico sulla Resistenza antifascista, però il protagonista è Pin, un bambino dentro una cruda realtà ma che non rinuncia alla dimensione lirica e fiabesca, dell’incantesimo, del luogo misterioso dove fanno il loro nido i ragni.
Per alcuni critici è considerato il miglior romanzo sulla guerra partigiana, Calvino vuol evitare ogni retorica celebrativa.
Arriverà nel 1979 il romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore in cui Calvino costruisce dieci inizi di racconto mettendosi dalla parte del lettore, offrendogli di scegliere lui come e cosa vorrebbe leggere.
C’è distacco dal Neorealismo e si è incrinata la fiducia nella storia, il mondo è schierato su due sistemi contrapposti, il boom economico si è fermato, sparano i terroristi, quelli neri e quelli rossi.

Italo Calvino (1923 – 1985), qui fotografato a Oslo il 7 aprile 1961 da Johan Brun (da Wikipedia)

Il rifugio è nel tema del fantastico e del favoloso, ossatura degli originali tre racconti raccolti sotto il titolo I nostri antenati, c’è Marcovaldo, Fiabe italiane, sono fantasie limpidissime fatte simbolo della labirintica realtà sfidata da personaggi che vivono dimezzati, stanno rampanti sugli alberi e si rifiutano di scendere nel “mare dell’oggettività”, si riducono a una armatura e pertanto sono inesistenti.
Le estrose fiabe di Calvino si caricano di significati relativi alla condizione dell’uomo nella storia, narrate con leggerezza e ironia, come nelle 20 novelle in cui l’operaio Marcovaldo vive disadattato nella grande città ma le rimane estraneo e conserva in sé nostalgia per la natura non contaminata dall’esistenza artificiale dell’uomo nella società industriale e consumistica. Marcovaldo si può paragonare a tutti gli emigrati sradicati dal loro paese.
Dal 1965 si apre una nuova fase coi romanzi che si possono dire di fantascienza Le cosmicomiche, Ti con zero, Le città invisibili.
Sono storie collocate in tempi e spazi lontani e colgono il molteplice il disordinato e lo sforzo irrinunciabile di dare un senso all’esistenza, traducendo in letteratura i metodi e i linguaggi della ragione e della scienza.
Trasferitosi a Parigi, dopo la pubblicazione di La giornata di uno scrutatore in cui esprime “l’ansia di possedere la realtà” , però sente sempre frustrata la ricerca socratica dell’essere umano di conoscersi all’interno di sé, è un’esigenza che non si interrompe mai e viene esposta per metafora in Il castello dei destini incrociati, Le città invisibili e Palomar, uno degli ultimi romanzi, prende titolo dal potente telescopio dell’Osservatorio astronomico in California: le possibili combinazioni di dati e di fatti possono portare alla catalogazione ordinata del disordine reale, sono opere utili a salvare la nostra libertà di pensare e sognare.

Maria Luisa Simoncelli