
Parlare di semplici contraddizioni non rende bene l’idea. Da una parte ci sono ristoranti pieni, autostrade intasate, strutture ricettive dei luoghi di vacanza esaurite, aerei a pieno carico. Tutto ciò nonostante in questi mesi, in cui la ripresa si è manifestata in modo più consistente, i prezzi dei prodotti nei diversi settori abbiano subito aumenti anche notevoli. Il Pil viene confermato in crescita (sia pure con percentuali più basse rispetto alle aspettative). Nell’ultimo rapporto Istat, vengono descritti come positivi i dati sull’occupazione (in aumento, sia pure ‘leggero’) e sulla disoccupazione (in calo di poco). Finché sono positivi, i numeri, sia pure limitati, sono comunque i benvenuti. Ma allora non ci sono problemi? Purtroppo non è così: i simbolici carrelli della spesa, per tante persone, si fanno sempre più leggeri, a causa del venir meno delle risorse economiche, un fatto che induce a ridurre le spese e a limitarle all’indispensabile.
Lo confermano le dichiarazioni dei rappresentanti dei commercianti, che rilevano, appunto, cali nelle spese delle famiglie e vedono nell’eliminazione del Reddito di cittadinanza (Rdc) un’ulteriore motivo di riduzione delle vendite. Siamo così giunti a parlare di uno dei tormentoni degli ultimi tempi: il Rdc. È di questi giorni la notizia del messaggio inviato da Inps a circa 150mila famiglie per informarle che l’erogazione della misura viene sospesa. Ora, anche se il Rdc così come era stato formulato non ci ha mai convinto del tutto circa la sua incidenza positiva su povertà e occupazione, viene spontaneo chiedersi se la decisione di sospenderlo fosse proprio così urgente. In più: lo si doveva fare prima di avviare in concreto le misure alternative? Sono davvero stucchevoli le motivazioni addotte. “Lo avevamo promesso prima delle elezioni”: ma se una scelta non va bene non c’è nessun obbligo di confermarla. “Dobbiamo togliere i fannulloni dal divano”: questa fa il paio con quella dei migranti che vengono in Europa in vacanza! Chiaro che i fannulloni ci sono (anche tra chi lavora, se non è che per quello…) ma sulla povertà non si può scherzare né mettere tutti nello stesso calderone. Scrive giustamente su Agenzia Sir il direttore di Caritas italiana, don Marco Pagniello: la prima preoccupazione deve essere “evitare che qualcuno resti escluso e dare massima attenzione proprio ai più fragili… Una misura contro la povertà deve essere universale, cioè assicurare a chiunque cada in povertà il diritto ad una vita decente, e continuativa nel tempo, fino a quando persiste la condizione di bisogno”. Parole in linea con quanto afferma papa Francesco: “il volume del richiamo al benessere si alza sempre di più, mentre si mette il silenziatore alle voci di chi vive nella povertà”.
Antonio Ricci