
Il 2 novembre, i morti ”deformati”, due giorni prima, dalla variante “malata” della globalizzazione con l’imperante festa di Halloween, riprendono la dignità a loro dovuta. Commemorati dalla Chiesa che, con i suoi figli, è sempre Madre, tutti sono presenti nella preghiera universale. Essa ricorda anche coloro che, in vita, sono stati dimenticati, schivati, schiavizzati, scartati… e che, nel giorno del Giudizio, magari saranno proprio loro ad accoglierci nella comune Casa del Padre. L’idea di commemorare, in un’unica ricorrenza, i defunti risale al sec. IX, grazie all’abate benedettino Sant’Odilone di Cluny con l’intento di pregare per le anime di coloro che ci hanno preceduto nel segno della fede, che ci amarono ed amammo.
La memoria, infatti, ha sede nel cuore dove serbiamo la costellazione dei gesti, piccoli e grandi, feriali, teneri e immensi dei nostri cari trapassati. Entrare nei cimiteri provoca certamente tristezza e rimpianto per l’assenza fisica delle persone che non possiamo abbracciare, vedere, ascoltare… Eppure, in tale mestizia, portiamo fiori e lumi : segno di festa e di futuro. Anche per ciascuno di noi arriverà “Sorella morte corporale”, però, con quel filo forte ancorato all’Aldilà. Gesù ha percorso, per primo, questo cammino terreno e con la Sua Morte e Resurrezione ci ha aperto le porte del Cielo, dove contempleremo Dio. Oggi appare sconveniente parlare della morte.
Un argomento che mette a disagio in quanto l’uomo, con le sue conquiste, sovente si illude di avere, nel mondo, dimora eterna, oppure crede che la morte sia la fine di tutto. E’ la fede ad illuminare il più grande mistero che attanaglia l’Umanità. Questo dono prezioso, che dobbiamo ravvivare costantemente, ci aiuta a capire che il 2 Novembre non è la celebrazione del culto della morte, ma una giornata da vivere nella riconoscenza, nella preghiera, nel silenzio, nel ricordo dei nostri cari e di lode al Signore per la Pasqua di Cristo che trova fondamento già nella Bibbia “ Io so che il mio Redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere…”.
Non è dunque la dissoluzione nella polvere il nostro destino finale, bensì, attraversata la tenebra della morte, avremo la visione del Padre. Il tema è ripreso, con potenza espressiva, dall’apostolo Paolo che colloca la Morte e Resurrezione di Cristo in una successione non disgiungibile. I discepoli sono chiamati alla medesima esperienza. Tutta la nostra esistenza reca le stigmate del Mistero pasquale, guidata dallo Spirito del Risorto. Ed allora che fa il cristiano di fronte alla morte? “ Non si deprime, continua a vivere meglio e più che può, senza tralasciare doveri e valori : l’amore, il servizio, la carità … Senza escludere la gioia”.
Ivana Fornesi