Fivizzano: tornerà a Monzone il Museo del Lavoro nella Valle del Lucido

Lo ha annunciato il sindaco Giannetti: una volta terminati i lavori di ristrutturazione del grande magazzino delle ferrovie

Una sala del Museo del lavoro a Fivizzano
Una sala del Museo del lavoro a Fivizzano

A seguito del terremoto del 21 giugno 2013, che danneggiò gravemente la stazione ferroviaria di Monzone, dove era stato allestito pochi anni prima, il “Museo del Lavoro nella Valle del Lucido” fu trasferito, nel 2015, presso il Museo delle Grotte di Equi Terme. Dedicato al fotografo Ilario Bessi, è una vera e propria “banca della memoria e dell’identità” di una vallata che ha vissuto una storia economica diversa da quella di ogni altra località lunigianese. In un Consiglio Comunale di alcuni mesi fa il sindaco Gianluigi Giannetti dichiarò che, una volta terminati i lavori di ristrutturazione del grande magazzino delle ferrovie, presso la stazione di Monzone, lì sarebbe stato ricollocato il Museo, non nella vecchia stazione, riservata ad ospitare altre iniziative. I lavori al magazzino, costituito da un solo ampio salone, sono in corso e, quindi, l’Amministrazione Comunale dovrà già da ora pensare a come ricostruire il percorso museale, che aveva trovato soluzioni ideali, grazie al prof. Fabio Baroni, nelle numerose stanze della stazione, una delle quali dedicata a sala riunioni e visione.

Una sala del Museo del lavoro a Fivizzano
Una sala del Museo del lavoro a Fivizzano

Monzone è appartenuto, da tempi lontani, ai “paesi del marmo”, legato ad Avenza e a Carrara economicamente, politicamente e socialmente, in particolare dalla seconda metà dell’800, quando da comunità agricola e pastorale si trasformò in centro industriale grazie all’acquisizione degli agri marmiferi da parte di società inglesi: Walton, Good & Cripps, Equi Valley Marble. Contemporaneamente sorsero anche grandi infrastrutture, come la teleferica del Balzone, strade, la canalizzazione dell’acqua dei due Lucido per le centrali idroelettriche, la segheria e il suo collegamento con la ferrovia, fornaci per la calce. Furono aperte anche cave di quarzite, presente in più siti nella valle. I suoi abitanti, così,h da contadini e pastori divennero operai, che, sindacalizzati e politicizzati, diedero vita a manifestazioni rivendicative quali non si erano mai viste e maturarono una cultura operaia che ha caratterizzato, nel tempo, Monzone e tutta la Valle del Lucido. Tutto questo documenta il Museo attraverso le fotografie di Bessi, dell’archivio di padre Oreste Orlandini di Monzone Alto, messo a disposizione da Maurizio Bertoli, e dell’archivio “Giovanni Gargiolli” della Biblioteca “Gerini” di Fivizzano, utensili originali recuperati, modellini, disegni, ricostruzioni come quella del modello in scala del percorso della teleferica del Balzone, scritti, video, testimonianze, documenti sonori (il passaggio del treno, i rumori della segheria,…). Il Museo dedica spazio anche agli aspetti religiosi, ludici, sociali della popolazione, maschile e femminile, oltre alla ricchezza del dibattito politico, socialista, comunista, cattolico, popolare. Per tutto questo, e per il fatto che nell’abitato e nelle zone circostanti sono ancora visibili molti segni di archeologia industriale meritevoli di essere raccontati, Monzone è stato ed è la sede più giusta per riaccogliere il Museo, che faceva parte della rete museale “Terre dei Malaspina e delle Statue stele” e del Sistema museale della Provincia di Massa Carrara e che era considerato “uno dei punti di forza dell’Ecomuseo della montagna lunigianese”.

Andreino Fabiani

La Walton perde il ricorso sulle regole estrattive alla cava del Sagro

Foto d'archivio, presente nel Museo del lavoro a Fivizzano, della vecchia seggiovia della Walton
Foto d’archivio, presente nel Museo del lavoro a Fivizzano, della vecchia seggiovia della Walton

La Walton marmi, protagonista di una lunga storia nel settore marmifero nella Valle del Lucido e, in particolare, a Monzone, dove porta ancora il suo nome una segheria dismessa, si è vista respingere il ricorso contro le nuove regole delle attività estrattive. Anche la cava Monte Sagro Borla, situata nel Comune di Fivizzano, dovrà rispettare le limitazioni imposte dal Piano Regionale Cave, a seguito del parere espresso dal Consiglio di Stato, richiesto dal Ministero della Transizione Ambientale. L’aver fissato, la Regione Toscana, al “30% il limite minimo del volume totale commerciabile da destinare alla trasformazione in blocchi, lastre e affini”, inderogabile affinché il Comune di Fivizzano e la Provincia autorizzassero l’escavazione, era valutato, nel ricorso, una “limitazione alla libertà di impresa”, non consentita né dalla legislazione statale né da quella regionale. Diversamente ha deciso il Consiglio di Stato, evidenziando che è nei poteri della Regione porre limiti alla “libera iniziativa economica privata”. A.F.