
Un gruppo di volontari a Galaţi, al lavoro nel campo di accoglienza dei profughi in fuga dalla guerra

Duemila chilometri e ventisei ore di viaggio per arrivare a Galaţi, in Romania, a pochi chilometri dai confini di Ucraina e Moldavia: qui sono state allestite strutture di prima accoglienza per i profughi in arrivo dal paese invaso dall’esercito russo e che vengono ospitati in università, palazzetti, parrocchie e case popolari. Qui sono arrivati volontari anche dalla Lunigiana: il gruppo è stato organizzato da Davide Fanti, presidente dell’associazione “Bambini nel Cuore – Arpiola”, in contatto con l’ONG rumena “FDP” e grazie al contributo di “Gruppo donatori Fratres” di Mulazzo e Bagnone, “Proloco” Mulazzo, “Donne di Luna”, “centro giovanile S. Giuseppe” di Arpiola e “Help for children” di Cremona.Trentadue volontari e quattro settimane di lavoro.

Nella palestra in cui alloggiano i volontari sono stati disposti circa trecento letti. L’organizzazione è gestita da associazioni governative rumene, che quotidianamente portano pacchi contenenti cibo. I volontari preparano ogni giorno un centinaio di pasti da distribuire sia nel centro sportivo in cui alloggiano sia in un gruppo di case popolari, alcune delle quali sono destinate ai profughi. Il centro ha una duplice funzione: alloggio temporaneo per chi, diretto in altri Paesi, si ferma qui per qualche ora, prima di proseguire poi verso Ungheria o Polonia, magari diretto ancora più ad ovest. Ma ci sono anche sistemazioni più stabili, a volte fisse, per tutti coloro che o non possono o non vogliono andare altrove, nella speranza di tornare nella propria terra, a casa, appena tutto sarà finito. Qualcun altro, invece, non attraversa nemmeno il confine: si ferma il più possibile sul suolo ucraino aspettando di poter tornare indietro. I volontari raccontano di come, per raggiungere Galaţi, le persone siano costrette a camminare decine e decine di chilometri, a volte con bambini piccoli, sempre con qualche oggetto indispensabile che rappresenta una vita intera. I più fortunati riescono a trovare un passaggio. C’è chi arriva di notte. E “ci sono mamme”, racconta un volontario, “che si nascondono dai figli, per non farsi vedere mentre piangono”. (a.m.)
Anya, giovane avvocato in fuga, che vuole tornare a casa
Sono le cinque di mattina del 24 febbraio quando Anya (23 anni) viene svegliata dal padre: la guerra è iniziata. Due settimane dopo le prime bombe, Anya scappa da Mykolaïv, città nel sud dell’Ucraina, insieme ai due fratelli, Slavik (16 anni) e Nikita (9 anni). Mamma e papà rimangono in città. Si ferma altre due settimane a Odessa. Poi, “quando sono cominciate le esplosioni forti, siamo partiti per la Romania” e sono arrivati a Galaţi. Anya aveva preparato i documenti per il Canada, da una zia, ma sfrutterà l’opportunità solo se sarà necessario, per ora: “aspetto che tutto finisca, poi torno a casa”. Avvocato, Anya aveva un proprio studio legale. “Ognuno aveva i propri progetti, il proprio lavoro, programmavamo le vacanze”. Ora in città “case, ospedali, asili nido e scuole distrutti. E molti civili morti”. Tra questi, Anya ricorda un suo ex compagno di classe, morto tre giorni dopo lo scoppio della guerra. “I miei amici sono rimasti in città, si rifugiano nelle cantine e lì passano la notte”. Poi ci parla del suo rapporto con alcuni amici russi: “parlo con i miei colleghi in Russia, che filtrano le informazioni e capiscono che è in corso una guerra, che l’ ‘Aggressore Putin’ dà ordine di uccidere gli Ucraini. Ma ci sono solo il 20% di questo genere di persone, che analizzano. Le altre guardano la TV e ascoltano la propaganda”. “Putin è un killer, – dice – penso sia malato mentalmente, ma non ha scuse, il suo obiettivo è conquistare territori, ora l’Ucraina poi l’Europa. Non c’è altro motivo se non le sue ambizioni personali”, mentre verso Zelensky prova grande ammirazione: “è il presidente più democratico della storia dell’Ucraina. Ha portato tanti servizi moderni e innovazioni. Durante la guerra è sempre in contatto con la popolazione. Il motivo per cui ho lasciato l’Ucraina così tardi è l’amore per il mio paese e la convinzione che Zelensky farà di tutto per farci vivere in sicurezza nel nostro paese”. Alla domanda sui governi europei, inizialmente ringrazia “per gli aiuti, per rispondere al problema”, ma poi ammette che “possono fare molto di più” e che “questa guerra può finire con il loro aiuto. Sanzionare la Russia non basta, perché gli effetti si sentiranno non prima di 4-5 anni. Abbiamo bisogno di armi, ora! Putin deve accettare le condizioni di Zelensky e ritirare le truppe”. Intanto, in Romania “i volontari ci danno tutto ciò che ci serve e vi ringraziamo per questo”. Però Anya nel suo futuro vede l’Ucraina. In Romania “mi hanno ospitato e sfamato. Ma vogliamo tornare a casa”.
Andrea Mori