
Con i primi bandi il piano di ripresa e resilienza entra nella fase decisiva: ma la Lunigiana non sembra per ora in grado di trarne vantaggio

Ci siamo: dopo mesi di attesa, i primi fondi del Recovery Fund stanno per essere messi a bando. In settimana, per esempio, il Ministro dell’Istruzione Bianchi ha annunciato l’arrivo dei 5 primi bandi, per complessivi 5 miliardi, riguardanti il mondo della scuola. Nuove scuole dell’infanzia, mense per favorire il tempo pieno, palestre, 195 nuovi edifici scolastici e ristrutturazione degli edifici esistenti sono le linee di intervento finanziate. Alle misure dell’istruzione seguiranno nei prossimi mesi i bandi per gli investimenti negli altri settori. La Toscana, ha dichiarato il presidente Eugenio Giani in un convegno a inizio novembre, potrà contare su 1,5 miliardi di miliardi già certi, ma la lista degli investimenti che la Regione conta di finanziare da qui al 2026 con i fondi europei arriva a oltre 12 miliardi. Giani ha citato le molte realtà locali, in primis comuni e province, “che possono svolgere attività di progettazione e che hanno bisogno di essere informati per realizzare i progetti finanziati”. Ma l’entrata del Piano di ripresa e resilienza nella sua fase decisiva non ha tuttavia chiarito un dubbio di fondo: la Pubblica Amministrazione italiana sarà capace di progettare, investire, rendicontare, realizzare i progetti nei tempi e con l’efficienza richiesti dalla Commissione Europea? Si tratta di una incognita che coinvolge l’apparato statale nel suo complesso ma che riguarda a maggiore ragione gli enti pubblici più piccoli e meno strutturati, come sono la quasi totalità dei comuni della Lunigiana.

Già alcuni mesi fa, nel corso degli Stati generali della montagna toscana, era stato lanciato l’allarme: molti degli ambiti del PNRR interessano le aree periferiche e montane, ma gli enti locali sono spesso prive delle competenze per affrontare l’iter di un bando: o perché sottodimensionati in termini di personale, o perché alcune specializzazioni non rientrano nelle competenze dei comuni stessi, neppure in forma associata. Per territori montani come la Lunigiana potrebbe essere difficile anche la sola partecipazione ai bandi e la successiva rendicontazione degli interventi. Ma quello delle competenze è solo il primo degli interrogativi che riguardano la possibilità per la Lunigiana di rilanciarsi dal suo evidente declino con i fondi europei. A seguire, ne sorge un secondo: la Lunigiana lavorerà unita per presentare progetti ed avere finanziamenti, oppure ogni realtà farà per conto proprio?

Il tema non è secondario, perché sono in ballo due idee di sviluppo: quello riassumibile nello slogan, inflazionato ma vero, “dalla crisi si può uscire solo tutti assieme”, che significa individuare visioni, strategie, e progetti condivisi da perseguire cooperando tra comuni; oppure quello secondo il quale ognuno si organizza come meglio crede, perseguendo obiettivi non coerenti o addirittura confliggenti con quello del vicino. L’esperienza dell’Unione di Comuni e delle difficoltà e dei fallimenti nel garantire servizi base in forma associata, è solo uno degli esempi che porta a prevedere che la seconda strada sarà quella percorsa nella nostra valle, al di là delle dichiarazioni di intenti che anche di recente qualche sindaco ha rilasciato alla stampa. Naturalmente questa previsione potrebbe essere felicemente smentita dai fatti nei prossimi mesi, ma perché questo accada è necessario che qualcuno – l’Unione di Comuni sembrerebbe l’ente naturalmente deputato a farlo, ma l’iniziativa potrebbe partire anche da altri – metta attorno a un tavolo la politica e la società lunigianese. Sono passati 17 mesi dallo storico annuncio dell’istituzione del Recovery Plan, ma in Lunigiana non si è registrata una sola iniziativa di studio o di confronto su quali opportunità potrebbe portare il Pnrr alla vallata: è stata silente la politica, anche con i suoi esponenti con i maggiori livelli di produzione di comunicati stampa e di presenzialismo sui social – e sono state silenti le associazioni di categoria, i sindacati, la società civile organizzata. Di fronte ad una opportunità straordinaria per dare soluzione, almeno in parte, ai problemi di un territorio le cui criticità sono evidenti, non emerge alcuna necessità di dibattito pubblico, come ha sperimentato anche il nostro settimanale, che pubblica questo inutilmente pensoso articolo dopo avere registrato il garbato disinteresse da parte di alcuni sindaci a rilasciare un’intervista su questi temi. Ne prendiamo atto, sperando che tra un paio di decenni il Pnrr non venga collocato nel già lungo album lunigianese delle lagnanze per le occasioni mancate.
(Davide Tondani)