

Il movimento per un’altra mondializzazione che si trovò a Genova nel luglio 2001 comprendeva un rilevante numero di realtà giovanili cattoliche, formatesi tra parrocchie e movimenti ecclesiali: erano le “sentinelle del mattino all’alba del terzo millennio” come le aveva definite un anno prima, a Tor Vergata, Giovanni Paolo II, in uno storico discorso giubilare: “non vi rassegnerete ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro”.
Radunati attorno alla pacifista Rete di Lilliput, i movimenti cattolici presenti durante le manifestazioni ebbero modo di subire la loro dose di violenza gratuita, ma mostrarono la loro voglia di trasformare la realtà, partendo da se stessi e ragionando su economia e rapporti internazionali, guardando negli occhi il G8 nonostante le accuse più varie e anacronistiche che anche da dentro la Chiesa furono loro indirizzate.
Due settimane prima del vertice, un incontro al teatro Carlo Felice promosso dall’arcivescovo di Genova, il cardinale Tettamanzi, fu l’evento in cui i giovani cattolici italiani proposero le loro idee sui temi della povertà e del debito, del commercio internazionale, dei conflitti, dell’ambiente e del rispetto del Creato. Il manifesto finale dell’evento, ricco di richiami ideali e di richieste politico-diplomatiche concrete – a partire dalla remissione del debito dei paesi poveri proposto da Giovanni Paolo II durante il Giubileo – venne consegnato al segretario generale del ministero degli Affari Esteri italiano.
Il Cardinale Tettamanzi fu mente e guida di quell’evento a Genova. L’Arcivescovo parlò di “una globalizzazione per l’uomo, non l’uomo per la globalizzazione”, ma anche della conversione personale, delle “responsabilità che toccano ciascuno di noi come cittadini del mondo”, di tre strade da intraprendere: volontariato, destinato alla costruzione del villaggio globale; partecipazione coraggiosa alla vita politica; testimonianza personale di vita, fatta di condivisione e di sobrietà. L’Arcivescovo ricordò la “funzione sociale della proprietà privata: la destinazione universale dei beni è uno dei cardini della dottrina sociale della Chiesa”; strade, insistette, “da percorrere con energia”.
Dopo il G8 il percorso di gran parte di questo movimento non si interruppe: i giovani cattolici italiani furono ancora protagonisti del movimento pacifista che si mobilitò contro le guerre in Afghanistan e Iraq, le cui motivazioni si legavano in modo evidente alle dinamiche della globalizzazione. La capacità di dialogo con realtà anche molto lontane dalle sensibilità ecclesiali furono notevoli. Il fisiologico ridimensionamento dei movimenti spontanei e una nuova stagione della vita ecclesiale interruppero quella stagione e il dialogo con la parte laica del movimento; la formazione sui temi della mondialità e dell’economia passava in secondo piano rispetto ai temi antropologici.
Ma a posteriori, è indiscutibile che quel movimento e chi lo guidò, da Tettamanzi a Padre Zanotelli, fino a tanti preti e animatori del vasto mondo ecclesiale, furono profeti dei tempi nuovi. Lo stile di quei giovani cattolici fu quello della Chiesa in uscita prefigurato dalla Evangelii Gaudium e i temi affrontati da Papa Francesco nella Laudato Si’ e nella Fratelli tutti sono gli stessi sui quali, 20 anni fa, lavoravano, non senza incomprensioni con altre generazioni di cattolici, le Sentinelle del mattino delle parrocchie italiane.
(d.t.)