Applausi per “Il cappello di paglia di Firenze”

La commedia di Labiche rielaborata da Sandro Querci ha aperto la stagione teatrale della Rosa a Pontremoli

cappello_di_pagliaUn’opera leggera, ricca di simpatia, di brio e di allegria “Il cappello di paglia di Firenze” che ha segnato l’avvio della stagione teatrale 2017 alla Rosa. Commedia musicale di Eugen Labiche, del 1851, si tratta di uno dei testi comici che hanno fatto la storia della commedia dell’arte.
E Sandro Querci, regista e protagonista dell’opera, ha rielaborato il testo con una netta virata verso il musical. Venti brani, tra cui alcuni classici del panorama musicale della prima metà del ‘900 (“Vivere”, “è primavera svegliatevi bambine”), interpretati magistralmente dai nove protagonisti in scena. Il soggetto tratta della ricerca spasmodica da parte di Francesco Leoni, futuro sposo, di un cappello di paglia fabbricato a Firenze per rimediare ad un incidente che rischia di far scoprire una coppia di amanti dal marito di lei.
E da lì si innescano una serie di equivoci e doppi sensi mentre il futuro sposo corre da una parte all’altra di Firenze, seguito dal corteo nuziale (con la moglie e l’insopportabile suocero) alla caccia del benedetto cappello.
Lo spettacolo procede quindi tra virtuosismi canori, scherzi e lazzi, in cui emergono le personalità degli attori che, credendo di non essere visti né uditi dal pubblico – complice un sipario difettoso -, rivendicano verso il regista il desiderio di esser maggiormente primedonne, o, tra di loro, confessano gelosie e passioni, mettendo a nudo la dimensione umana presente sotto la maschera teatrale.
Sul palco, magnifici cappelli in paglia che mostrano le loro trasparenze quando le luci di sfondo si trasformano in rosa, viola, arancio, a ricreare quell’atmosfera romantica di fine secolo entro la quale si dipanano gli amori (anche non leciti) dei protagonisti.
Protagonisti che, nella bagarre causata dalle gelosie, dalle insoddisfazioni amorose e dalle frustrazioni professionali, si esibiscono in una memorabile scazzottata sullo stile di “oggi le comiche”, mentre le note di un Charleston rendono tutto ancor più ilare.
Un momento di “metateatro” che viene però ricomposto, e con un “replay” a velocità doppia gli attori mettono in scena un simpatico riassunto della trama prima di lanciarsi verso il gran finale. E qui gli equivoci si chiariscono (in alcuni casi gli altarini degli amanti vengono coperti anche dall’aiuto del fato) fino all’inevitabile lieto fine cantato a piena voce da tutti i protagonisti in scena con un gioco di interscambi vocali davvero suggestivo.
E, in maniera altrettanto inevitabile, alla chiusura del sipario (questa volta riuscito) sono partiti i meritatissimi applausi.

(r.s.)