
Realizzato da Corrado Armanetti e che ha visto la partecipazione di numerosi storici locali, tra cui Germano Cavalli

Le abitudini alimentari delle popolazioni sono parte integrante della storia del territorio rappresentandone una componente alquanto significativa. Come accade per la lingua, gli usi e le tradizioni anche i cibi, di un determinato contesto, sono il frutto di varie stratificazioni dovute a continui processi di acculturazione ed agli scambi di idee, esperienze e sapienze precedenti derivanti da quello che è stato definito il fenomeno del “creolismo alimentare”.
Certo non si può parlare della gastronomia della Lunigiana senza citare le “torte d’erbi”. Per saperne di più ci siamo rivolti allo storico Germano Cavalli, che proprio in questi giorni, con altri personaggi della nostra vallata, esperti nel suddetto campo, ha partecipato alla realizzazione di un video “Le torte d’erbi lunigianesi” curato, in ogni dettaglio, da Corrado Armanetti. Bravissimo, come sempre, nelle riprese efficaci di scorci panoramici mozzafiato, nella cornice della musica accattivante. Il lavoro è stato richiesto da Giovanni Varoli e dedicato alla moglie giornalista Letizia Leviti, scomparsa due anni fa.

“Se penso alle torte d’erbi – dice Cavalli – mi viene in mente la Lunigiana prima di Napoleone e del Congresso di Vienna. Tanti piccoli “stati” ciascuno con la propria identità e, tutti insieme, a formare un’unica entità “la Lunigiana feudale”. Così le torte d’erbi, simili fra loro, ma con varianti diverse da paese a paese, da villaggio a villaggio, da famiglia a famiglia. Ciascuno depositario di formule, di ingredienti, di impasti. Le torte d’erbi, come i testaroli, icone dei nostri sapori, hanno tutti i requisiti per essere annoverate tra i piatti tipici del territorio. L’uso alimentare delle erbe, consumate cotte o crude, frequente particolarmente nel mondo contadino e durante i periodi di carestia, è vecchio quanto il mondo. Le “donne delle erbe” hanno dato vita ad una gamma variegata di ricette. Il termine “erbi” sta ad indicare solo le erbe spontanee, raccolte esclusivamente nei campi o nei prati, completamente diverse dagli erbaggi, o prodotti coltivati negli orti. Solo in questo caso si parla di “torte di erbe”. Il gusto del “prodotto finito” dipende dalla qualità e dalla quantità degli erbi impiegati, dal condimento, dalla salatura, dai “segreti” tramandati e rigorosamente custoditi. A Mocrone, suggestiva frazione di Villafranca, si preparava una torta con ben trentasei qualità di erbi di campo, disponibili soltanto durante il mese di aprile, quindi una sola volta all’anno. “Doveva essere veramente eccezionale – sottolinea Cavalli – con cottura nei testi e l’aroma che riempiva il borgo!”.
Possiamo affermare che, proprio a Mocrone, c’è chi ancora si diletta a cercare gli erbi “buoni” conosciuti fin da bambino alla scuola della madre. Parliamo di Pietro Quartieri il quale, lasciato il servizio attivo di dirigente scolastico, si diletta, riuscendoci molto bene, a preparare deliziose torte d’erbi mantenendo il segreto, come i grandi chef, di cotanta delizia, allo stesso modo di Anna Musetti di Villafranca. Ovviamente altre cuoche non hanno niente da imparare. Le torte citate le abbiamo “testate” e quindi parliamo con “cognizione di palato!” nella consapevolezza che un buon piatto è un piacere non solo per il corpo, ma anche per lo spirito in quanto riassume amore per la ricerca; raccolta armonica e sequenziale di azioni e cose. Soprattutto amore di ritrovarsi insieme rafforzando momenti amicali. Di cui, oggi, abbiamo particolarmente bisogno.
Ivana Fornesi