Rapporto Rifiuti: in Lunigiana ancora una situazione da migliorare

Secondo l’Arpat quando va bene si differenzia la metà dei rifiuti, ma alcuni non arrivano ad un terzo.

La tabella, comune per comune, della raccolta differenziata nella nostra Provincia
La tabella, comune per comune, della raccolta differenziata nella nostra Provincia

Nei giorni scorsi l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (ARPAT) ha diffuso i dati relativi alla produzione di rifiuti solidi urbani e alla raccolta differenziata. Un Rapporto annuale atteso visto che il servizio di raccolta dei rifiuti è uno di quelli più costosi e ogni giorno sotto gli occhi dei cittadini; ma anche un rapporto “temuto” visto che i risultati della gestione possono smorzare o rinfocolare critiche e polemiche che accompagnano il servizio stesso per tutto l’anno, legate sia alla gestione sia alle scelte che le diverse amministrazioni comunali compiono.

I dati disponibili oggi sono quelli relativi al 2016 (proprio l’anno in cui partì, nei primi mesi dell’anno, con l’eccezione di Pontremoli, in tutta la Lunigiana la raccolta “Porta a Porta”)  così come ricavati dall’Agenzia Regionale Recupero Risorse; in merito, tuttavia, occorre avere chiaro che la percentuale di raccolta differenziata indicata è quella stabilita con una semplice operazione matematica, dividendo cioè la cifra dei rifiuti differenziati per il totale dei rifiuti prodotti. Un numero che, per quanto indicativo della situazione, non può essere tuttavia utilizzato per esprimere un giudizio definitivo sull’efficienza delle politiche ambientali in tema di produzione di rifiuti e di recupero di materie prime. Questi dati, infatti, dovranno essere poi “certificati” secondo rigidi criteri stabiliti dal Ministero e recepiti dalla Regione Toscana; questo significa che i dati stessi potranno cambiare anche radicalmente facendo, nella maggior parte dei casi, scendere notevolmente la percentuale di raccolta differenziata accreditata a ciascun Comune.

Un esempio per tutti: nel Comune di Pontremoli il rapporto tra il totale dei rifiuti raccolti e quelli differenziati nel 2016 risulta essere pari al 68% ma la percentuale di raccolta differenziata certificata per il 2015 era stata pari appena al 27,5%! Difficile pensare che in dodici mesi la situazione possa essere cambiata radicalmente, anche in considerazione del fatto che non ci sono stati particolari novità nel servizio. Naturalmente lo stesso ragionamento vale per tutti gli altri Comuni della Lunigiana, anche se per coloro che adottano il sistema della raccolta “porta a porta” (in tutto il proprio territorio o in parte) è lecito attendersi minori penalizzazioni al momento della “certificazione” dei dati. Quindi anche i lusinghieri risultati Filattiera (73,78%), Villafranca (70,81%) e Aulla (70,13%) sono destinati a ridimensionarsi anche se è prevedibile che si possano assestare più o meno attorno al 50%, come certificato nel 2015.

Incertezze a parte, quanto diffuso da ARPAT in questi giorni è comunque una fotografia importante del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, quelli cioè che ciascuno di noi produce ogni giorno. E il dato non è incoraggiante: in provincia di Massa Carrara si producono poco meno di 120mila tonnellate di rifiuti ogni anno, meno della metà dei quali (secondo i dati “certificati” 2015) vengono poi riciclati. Per gli altri la strada è, spesso, ancora quella delle discariche: e poco importa se queste non si trovano più nei nostri territori.

Nel 2015 ciascun abitante nei 14 Comuni della Lunigiana ha prodotto in media circa 454 chilogrammi di rifiuti a testa e di questi sono stati “riciclati” poco più di un terzo, precisamente il 36,2%. Una media molto lontana dagli obiettivi del 65% fissati ormai da alcuni anni!

Inoltre la situazione non è omogenea: anche in Lunigiana ci sono Comuni più virtuosi – quelli più “ricicloni” secondo una terminologia in voga da qualche tempo – come Villafranca (nel 2015: 53.9%), Filattiera (50,1%) e Aulla (47,7%), mentre quelli che fanno registrare i dati più negativi sono Casola (23,8%), Zeri (25,6%), Pontremoli (27,5%) e Bagnone (27,6%). Dunque nel migliore dei casi si recupera la metà dei rifiuti prodotti, mentre non si arriva ad un quarto nel peggiore. Una situazione tutt’altro che rosea, cifre lontane anni luce dai Comuni più virtuosi che, come il lucchese Capannori (percentuale certificata nel 2015 pari all’88%) da lungo tempo hanno avviato politiche di investimenti e sensibilizzazione verso la politica dei rifiuti zero. Ma se Capannori è il caso più noto, non è il più virtuoso: in Toscana ci sono 14 Comuni che si sono visti certificare una raccolta differenziata superiore al 90%. Primo fra tutti è Larciano (6.394 abitanti in provincia di Pistoia) che arriva addirittura al 97%: insomma c’è una Toscana dove i “rifiuti zero” sono realtà!

(p.biss.)