
Vendemmia 2018: la testimonianza di produttori a Pontremoli, Mulazzo e Licciana Nardi

Se si fosse trattato di una scommessa qualsiasi, ci si potrebbe accontentare di dire che è stata vinta; ma quella di portare il vino di Lunigiana all’attenzione dei buongustai, di dargli la possibilità di essere inserito in un mercato tra i più difficili e di attirare su di esso l’attenzione di guide e concorsi non era una scommessa da poco. Tradizionalmente chiuso dentro i confini di un borgo, se non di un podere; prigioniero della convinzione che “come il mio non ce n’è!” e della filosofia del “mio nonno e mio padre lo facevano così”, il nostro vino – pure molto buono… quando era buono – era da sempre destinato a rimanere nel buio delle cantine dei proprietari-produttori, venduto all’origine a pochi “fortunati”, di solito in damigiane.
L’idea di andare oltre questi limiti vistosi, per cercare di valorizzare un prodotto basato su vitigni autoctoni, viene alla famiglia Ruschi Noceti, con la collaborazione dell’Università di Pisa, nella prima metà degli anni ’80, con la decisione di dare nuovo impulso alla coltivazione di qualità come la durella e la pollera. Parlando con Francesco, titolare a Pontremoli, assieme ai fratelli Carlo e Maria Luisa, della Fattoria Ruschi Noceti, che produce dalle 15 alle 20mila bottiglie all’anno, scopriamo che sono sostenitori di una vendemmia “ritardata”, che permette di sfruttare fino in fondo le caratteristiche delle uve locali. Anche quest’anno – a maggior ragione, viste le caratteristiche della stagione – la raccolta è appena iniziata e le condizioni dell’uva fanno sperare in una annata che garantirà un livello elevato sia nella quantità che nella qualità. Un dato che ci verrà confermato anche dagli altri produttori intervistati. L’impegno e la ricerca della qualità, però, non bastano: per riuscire ad inserirsi nel mercato c’è voluta tanta pazienza, ricompensata da buone affermazioni anche fuori dai confini regionali e nazionali. Oltre alla raccolta, molta attenzione viene dedicata alla vinificazione, utilizzando sistemi fisici piuttosto che chimici per ottimizzare la fermentazione.

Altrettanta abilità deve esser dedicata alla determinazione dei prezzi che, oltre alla qualità del prodotto, devono premiare anche gli alti costi di produzione di impianti situati in collina. I vini, tutti IGT Val di Magra; rossi: Podere La Costa, Pollera; bianchi: Otto Ottobre, Quasi Otto, Bigoncio. Ad essi si affianca il pluripremiato Passito di Pollera. Di scommessa sa anche la decisione presa nel 2003 da Mirta Fedespina e Antonio Farina – proprietari del Podere Fedespina, nel comune di Mulazzo – di rinnovare completamente il vigneto (circa 3 ettari) impiantando Merlot e Ciliegiolo; il risultato di questo cambiamento sono i vini – Toscana IGT, dalle 5 alle 6mila bottiglie – Spino Rosso e Ca’ Riserva, prodotti senza uso di concimi chimici né diserbanti. Da poco è entrato in produzione un Pinot Nero Fedespina che proviene dal Podere La Casella di Caprio. Antonio Farina dichiara che l’obiettivo di dimostrare che in Lunigiana si può fare vino di alta qualità (essenziale in questo la presenza dell’enologo Francesco Petacco) può dirsi ormai raggiunto, anche grazie a tanta pazienza e umiltà nel lavoro. La diffusione raggiunge anche città come Milano e Firenze, oltre, naturalmente, alla Lunigiana, zona costa, spezzino e Versilia; molto importanti le vendite a clienti del Nord Europa, che vengono a conoscenza del prodotto a seguito del soggiorno nell’agriturismo dell’azienda e accettano di pagare il giusto prezzo per un prodotto di qualità. Farina attribuisce ancora ampie potenzialità alla viticoltura in Lunigiana, grazie ai mutamenti climatici e al continuo miglioramento nella produzione; qualche investimento in più potrebbe sviluppare ulteriormente quanto realizzato in questi anni sul territorio da aziende che possono essere considerate “pioniere”. Sulla sponda opposta della Magra, nel comune di Licciana Nardi, il Podere CastelDelPiano, di Sabina Ruffaldi e Andrea Ghigliazza, rappresenta un po’ il simbolo dell’attrattiva che la Lunigiana può rappresentare per chi non è originario di questo territorio. Reggiana lei, ligure lui, da Milano si sono trasferiti in zona nel 2003 per realizzare il loro progetto quasi da zero, partendo dal recupero del vigneto con qualità locali – vermentino nero, durella, pollera – ma anche “straniere”, come il pinot nero. Andrea Ghigliazza tiene a sottolineare le caratteristiche “bio” e naturali dei loro vini, elementi che, accompagnati alla professionalità e alla ricerca della qualità, hanno decretato il successo della loro attività. I vini – la produzione è attorno alle 12mila bottiglie, Toscana IGT – vanno dai bianchi Durlindana e Pian Piano ai rossi Pepe Nero, Groppolungo, Melampo e Casteldelpiano. La clientela va dalla Lunigiana alla vicina La Spezia, a Firenze e da qualche anno anche all’estero, soprattutto negli Stati Uniti: la qualità del prodotto aiuta a superare l’ostacolo dei prezzi. Secondo Ghigliazza un miglioramento della situazione potrebbe derivare da una migliore promozione del territorio, ancora poco conosciuto, rispetto ad altri anche vicini; ci sono, poi, gli alti costi derivanti sia dalla configurazione dei terreni che dalle difficoltà nel raggiungimento delle tenute. In tutto questo, pare di capire che manchi ancora la presa di coscienza dei lunigianesi stessi di avere a portata di mano vini di alta qualità, non meno meritevoli di altri, più noti, di esser valorizzati e, di conseguenza, acquistati. a.r.