Massimo Dapporto, alla Rosa il suo “borghese piccolo piccolo”

Con una grande prova d’attore si è aperta la stagione 2018 a Pontremoli

02Massimo_DapportoSi è aperta con la straordinaria interpretazione di Massimo Dapporto in “Un borghese piccolo piccolo”, la stagione 2018 al teatro della Rosa.
Si tratta della prima trasposizione teatrale del celebre romanzo di Vincenzo Cerami del 1976 e da cui è stato tratto, l’anno successivo, l’altrettanto famoso film di Mario Monicelli, con Alberto Sordi nel ruolo di protagonista. Opera cinematografica che secondo molti segnò la fine della classica commedia all’italiana con l’idea che non bastava più solo il sorriso e il sarcasmo per provare a raccontare una società sempre più complessa.
Ed infatti “Un borghese piccolo piccolo” porta in scena in maniera agrodolce le piccolezze e le meschinità dell’animo umano, indagando il ruolo di ognuno di noi nella società e che racconta problemi che sono parte del Dna italiano: la giustizia “fai da te”, le raccomandazioni, la grettezza dell’animo umano quando perde la propria dignità. Insomma si racconta di come il desiderio di raggirare le regole che una società democratica e civile impone, sembrano quasi connaturate nell’animo di ogni cittadino italiano.
La storia narra di Giovanni Vivaldi (Dapporto), un umile impiegato, dipendente presso un ufficio pubblico da oltre trent’anni e prossimo alla pensione che ha come unico scopo quello di sistemare il figlio (Matteo Francomano).
E per farlo non esita ad aderire alla Massoneria, lui fervente cattolico, sotto la promessa del capo ufficio di avere “una mano” nel concorso per far entrare al Ministero il figlio (con momenti di satira davvero potenti, con il figlio che si emoziona davanti agli articoli della Costituzione che riconoscono l’uguaglianza di tutti i cittadini ma che poi non ha scrupoli nell’accettare il testo delle domande ottenute in maniera truffaldina dal padre).
Ma il destino bussa crudele e proprio nella mattina in cui si recano al concorso il figlio viene ucciso da un proiettile vagante sparato da un bandito che stava compiendo una rapina.
Dopo avere riconosciuto l’uccisore in un confronto alla Questura, Giovanni non lo denuncia ma lo segue, lo cattura e lo conduce in un capanno, dove andava a pesca assieme al figlio, e lo tortura fino ad ucciderlo. Ma questo non gli porta consolazione e la pensione (arrivata dopo la morte della moglie distrutta dal dolore) diventa una gabbia in cui trascorrere i giorni tra rimpianti e rimorsi.
Grande prova d’attore di Dapporto, capace di rendere il ridicolo e il tragico nello stesso tempo, regalando grande umanità e semplicità al suo personaggio. Bravi anche Susanna Marcomeni, nel ruolo della moglie, che con poche battute riesce a rappresentare una donna semplice e Roberto D’Alessandro, il capo ufficio, che riesce a rendere il suo personaggio sinistramente divertente, cinico, cialtrone, ma anche inquietante dispensatore di favori.
Scarna la scena divisa in tre aree ben distinte (al centro la casa della famiglia Vivaldi, a sinistra il capanno da pesca e a destra l’ufficio) che è riuscita comunque a catturare in un ritmo sempre serrato gli spettatori che al termine hanno tributato i meritati applausi a tutto il cast.

(r.s.)