
La successione dei falò pontremolesi andata in scena nel gennaio appena concluso ha confermato quello a cui si assiste da alcuni anni: la mutazione di una antica tradizione popolare, che per decenni ha coinvolto fattivamente soltanto pochi appassionati, il cui lavoro era premiato da un pubblico circoscritto a Pontremoli e al suo circondario, in un evento che si è definitivamente imposto oltre i confini della provincia. La trasformazione da festa paesana ad attrazione senza limiti territoriali è stata graduale ma, in anni recenti, ha subìto una decisa accelerazione.
E così, improvvisamente, il semplice rito dei falò, con il suo contorno di piccole rivalità rionali, si è ritrovato addosso, suo malgrado, l’etichetta della “disfida”. Che la parola mal si addica all’evento è evidente: non ci sono giurie, metri di valutazione, vincitori né vinti, ma solo la passione popolare per un rito semplice e affascinante. “Festa dei falò” poteva essere più confacente allo spirito della tradizione, ma “disfida” fa molto Palio di Siena o Giostra del Saracino, con contorno di rivalità e ripicche tra antiche contrade, in un insieme che fa molto “Toscana”, un brand di assoluto richiamo nell’ottica di fare dei falò un’attrazione turistica. La campagna, veicolata attraverso volantini patinati, banner pubblicitari, Masterchef e campagne social, è stata in effetti un successo.

Ma non occorre essere addetti ai lavori per osservare che la “disfida” si regge sui gruppi dei fuochisti e sul loro lavoro gratuito, spesso ignorato dai turisti e sottovalutato dai locali, senza il quale non ci sarebbe alcun falò: quello che potrebbe accadere a breve se si continuerà a derubricare gli attriti tra rioni emersi negli ultimi tempi a folklore di contorno o a divertenti scaramucce in cui le frizioni con il tempo si ricompongono da sole.
A Pontremoli è noto che le tensioni tra le contrade hanno superato il livello di guardia, mettendo a repentaglio attività produttive, proprietà private e pure l’incolumità delle persone. Il punto di non ritorno è molto più vicino di quel che appare, tra manifestazioni di immaturità che sopravanzano il senso di responsabilità e segnali di scoramento che erodono lo spazio della passione. Non affrontare la realtà che si è palesata negli ultimi tempi significa condannare la suggestiva tradizione a morte certa. L’invito indirizzato a chi intende promuovere la disfida – se così ci si ostinerà ancora a chiamarla – è di adoperarsi per appianare le ostilità e fissare i punti di un nuovo inizio. Con autorevolezza e con sollecitudine.