Il nostro direttore Antonio Ricci si è spento nelle prime ore del 14 dicembre: aveva 73 anni. Il Vescovo Mario: “Sempre pronto ad alzare lo sguardo verso l’alto, ad ampliare il suo orizzonte”
Venerdì 15 dicembre, nella chiesa di S. Nicolò a Pontremoli si sono svolti i funerali di Antonio Ricci, meglio noto come Tonino. Alle esequie erano presenti, oltre ai tanti parrocchiani, molti amici e tanti estimatori del suo variegato operare nella vita civile ed ecclesiale.
La celebrazione è stata presieduta dal Vescovo diocesano, Frà Mario, e tra i vari sacerdoti concelebranti c’erano il vescovo emerito mons. Alberto Silvani e il vicario generale don Marino Navalesi.
Tonino era nato il 12 giugno 1950 e si era sposato con Anna il 15 maggio 1976. Dopo la laurea in Lingue a Genova, ha svolto la sua professione come insegnante di francese e inglese. Il suo viaggio terreno ha avuto come punti di riferimento proprio questi tre poli: la famiglia, la scuola, la Chiesa. Lì ha profuso tutte le sue energie.
Sintetizzare la sua presenza nelle varie attività che ha svolto nell’arco della sua vita non è semplice. La vita di famiglia e di Chiesa spesso si intrecciano visto che anche Anna è animata dalla stessa tensione e il loro amore è nato da sempre dapprima nelle attività parrocchiali, poi nell’Azione Cattolica.
Per capire, per quanto possibile, quale era la molla che animava il suo operare è necessario andare alle origini. Erano gli anni del Concilio. Gli anni della contestazione, ma anche di animi fervidi di tensioni ideali. Determinante fu un’Assemblea Nazionale di Azione Cattolica giovanile: “Non c’è carità senza giustizia”.
Il Concilio Vaticano II e Paolo VI stavano ricordando a tutti come non bastasse essere solo caritatevoli. Erano i tempi della “Mater et Magistra”, della “Pacem in Terris”, della “Populorum Progressio” ed i maestri erano mons. Helder Camara, Martin Luter King, Arturo Paoli, Carlo Carretto, mons. Bettazzi, presidente di Pax Christi e, per Tonino, una pagina di Vangelo al giorno, magari mentre faceva colazione.
Queste le radici di una vita spesa come servizio. Ha animato la sua “piccola” comunità parrocchiale col coro, con le liturgie, con l’allestimento delle feste, col suo amore viscerale per il “Cristo morto”, attento a conservare le tradizioni popolari senza essere tacciato di tradizionalismo.
Era Priore della Confraternita. E non si è tirato indietro quando nella sua vecchia casa diocesana era stato scelto come presidente diocesano di A. C. o quando gli fu chiesto di assumere la carica di Vice Presidente dell’Assemblea in occasione del Primo Sinodo diocesano della nuova diocesi di Massa Carrara – Pontremoli.
Nel frattempo non ha mai smesso il suo volontariato nella Ven. Confraternita della Misericordia e, ultimamente anche come collaboratore di Anna nelle attività della “San Vincenzo”.
Tra i fondatori del Centro Giovanile Diocesano “Mons. Sismondo” di Pontremoli, è stato anche tra i promotori della nascita della “Sala della Comunità” nel Cinema “Manzoni”. Negli anni Novanta ebbe anche una breve esperienza nella politica pontremolese come segretario del PPI nel periodo di Martinazzoli, ma fu di breve durata.
Pensava di andarsene in “pensione” quando nel 1999, anche sotto la pressione di vari amici, gli fu chiesto di assumere l’incarico di direttore de “Il Corriere Apuano”. Questa, pur non trascurando gli altri impegni nel volontariato, è diventata la sua ultima missione.
L’intento era quello di stare dalla parte dei deboli, di dare voce a chi non ha voce, di essere attenti alla Lunigiana nel tentativo di interpretare gli avvenimenti locali, o anche nazionali, alla luce del Vangelo e portando a conoscenza dei tanti lettori gli indirizzi della Chiesa universale e della vita diocesana.
In tutta questa sua attività ha cercato sempre di non imporre la sua visione, era uomo di dialogo, piuttosto refrattario alla polemica, anche se puntiglioso. Attorno a sé aveva dei collaboratori, non dei sudditi.
Sono appropriate le osservazioni del vescovo Frà Mario nell’omelia quando ha detto: “Antonio non è stato mai neutrale, tiepido ma ha esposto con lucidità le sue idee che ci aiutavano a leggere la realtà, a penetrare e a decodificare i segni dei tempi: discreto, attento, ironico, a volte ‘tagliente’ nei suoi giudizi, ma mai volgare, per certi versi intransigente, ma sempre disponibile a sostenere le idee degli altri, sempre pronto ad alzare lo sguardo verso l’alto, ad ampliare il suo orizzonte. Mai le sue visioni imposte con violenza soprattutto verso chi la pensava in modo diverso. Possiamo dire che ha fatto sua la mitezza di Gesù: Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”.
Giovanni Barbieri