
Si gioca per procurare soddisfazione individuale e di gruppo: nel 776 a.C. a Olimpia la società greca fece del gioco un’istituzione sua tipica, del tutto ignota alle altre civiltà antiche.
Si gioca anche con finalità di addestramento alla difesa singola e collettiva sia fra gli uomini sia fra gli animali. I cuccioli giocando si addestrano a conoscere il mondo e a socializzare per difesa o per fare preda, ogni specie ha le sue modalità innate che proprio attraverso il gioco si strutturano e si avvicinano al mondo degli adulti.
Ma giocano anche per le esigenze fisiologiche di sviluppo dell’organismo attraverso tutte le fasce di età, che procedono con modalità più complesse e seguono comportamenti di identità assai diversi fra le specie.
Puro divertimento con attività motoria è un aspetto del gioco adulto negli esseri umani quando si articola in regole formali improvvisate. Il vocabolario inglese lo chiama play per distinguerlo da game che è gioco regolato da norme precise codificate e di pari osservanza da parte del competitore.
Un valore educativo del gioco consiste nel mettere in rapporto l’assenza di obblighi formali propria del giocare con l’accettazione di rischi, costrizioni, regole e punizioni. Libero e vincolato, creativo e ripetitivo ha dato vita al rito, soprattutto nelle società agricole e primitive.
Nel Carnevale, nell’albero di cuccagna, e pure nell’altalena o nella mosca-cieca il gioco unisce significati simbolici e, specialmente negli adolescenti, assume iniziazione ai comportamenti culturali degli adulti.
Nelle società industriali prevale la competizione sportiva che richiede sforzo e destrezza fisica, dimostrazione di capacità personali, accettazione del rischio. Quando al gioco-sport si associano interessi di mercato va persa l’identità propria dell’attività ludica di reale spontaneità e creatività.
Il gioco sviluppa l’intelligenza, le abilità e il piacere della scoperta, lo hanno affermato a fine Ottocento gli studi di psicologia infantile, importanti le teorie di Jean Piaget che mette in parallelo le caratteristiche delle fasi del gioco nell’adolescenza con lo sviluppo mentale. Verso i cinque anni l’individuo impara a tener conto delle esigenze degli altri, poi il rispetto delle regole; nel gioco degli scacchi si addestra la capacità di ipotetiche mosse proprie e dell’avversario.
Al gioco Freud riconosce un contributo anche allo sviluppo affettivo ed emotivo, con possibilità di esprimere desideri e tensioni non altrimenti sfogabili, ed osservato dalla scienza medica in funzione diagnostica e terapeutica.
(m. l. s.)