La povertà aumenta ma non fa notizia

In Italia nel 2022 erano 5,6 milioni le persone in povertà assoluta. Un dato che continua a crescere

Poveri senza casa in cerca di un riparo. (Foto Siciliani – Gennari/SIR)

La povertà non fa’ notizia. Nei giorni scorsi un comunicato stampa dell’ISTAT ha avuto una certa risonanza nell’immediato, che tuttavia è stata subito silenziata dalle notizie della guerra e dalle polemiche sulla riforma della Costituzione.
Lo stesso comunicato era assolutamente stringato e riguardava gli ultimi rilevamenti che risalgono al 2022.
“In crescita la povertà assoluta a causa dell’inflazione. Nel 2022 sono in condizione di povertà assoluta poco più di 2,18 milioni di famiglie (8,3% del totale da 7,7% nel 2021) e oltre 5,6 milioni di individui (9,7% in crescita dal 9,1% dell’anno precedente)”.
“Questo peggioramento – si legge ancora – è imputabile in larga misura alla forte accelerazione dell’inflazione. L’incidenza della povertà assoluta fra le famiglie con almeno uno straniero è pari al 28,9%, si ferma invece al 6,4% per le famiglie composte solamente da italiani. L’incidenza di povertà relativa si attesta al 10,9% (stabile rispetto all’11,0% del 2021) e le famiglie sotto la soglia sono 2,8 milioni”.
Detto così sembra quasi una cosa normale. In realtà numeri fotografano una situazione sociale estremamente inquietante. Tutto sta nel verificare il senso di “povertà assoluta” e di “povertà relativa”.
Si intendono in povertà assoluta le famiglie e e persone che non hanno la possibilità di condurre una vita minimamente accettabile non potendo permettersi le spese minime indispensabili.
L’Istat le definisce attraverso un paniere che comprende i beni e servizi considerati essenziali quali le spese per la casa, per la salute, per l’alimentazione, per il vestiario. Naturalmente la quantità di queste spese varia in base ai luoghi di residenza della famiglia, al numero e all’età dei componenti…
Per esempio, in Lombardia una coppia con un’età tra i 30 e i 59 anni che vive nel centro di una città metropolitana è in povertà assoluta se spende meno di 1.541 euro al mese in beni e servizi, se vivesse in Sicilia la soglia sarebbe fissata a 1.007 euro.
Naturalmente nei piccoli comuni la soglia di povertà è molto più bassa che nei grandi centri. Si sa però che una grandissima percentuale di persone e famiglie sono ben lontane dal percepire le somme indicate come soglia di povertà assoluta dall’Istat. Si pensi ai tanti pensionati o ai tanti lavoratori con salari da fame…
Ma la povertà colpisce in modo diverso le persone e le famiglie: quelle giovani, con figli e che vivono nelle regioni meridionali, sono infatti quelle più in difficoltà.
Nelle regioni del Mezzogiorno (Sud più isole) vive in povertà assoluta il 12,7% delle persone (2,5 milioni) contro il 7,5% del Centro (874 mila), l’8,8% del Nord-Est (1 milione) e l’8,3% del Nord-Ovest (1,3 milioni). Tutte e quattro queste aree registrato un aumento rispetto al 2021.
Va anche sottolineato che nei 5,6 milioni di individui affetti da povertà assoluta ci sono anche 1,6 milioni di stranieri residenti, per un totale di oltre 614 mila nuclei familiari. Le famiglie immigrate in povertà costituiscono circa un terzo delle famiglie povere in Italia, pur rappresentando solo il 9% di quelle residenti.
Se si vuol fare qualche considerazione basti pensare che nel 2005 le persone in queste condizioni erano il 3,3% della popolazione: siamo passati da 1,9 a 5,6 milioni del 2022! Evidentemente i governi non hanno fatto molto per contrastare la povertà. Purtroppo i problemi non finiscono qui.
Poiché c’è un’altra voce che se meno drammatica non è meno preoccupante: quella della povertà relativa: si tratta di quella di chi riesce a malapena a sopperire alle necessità per una vita appena accettabile, ma è sul filo del rasoio e ogni giorno spera che non succedano inconvenienti che non potrebbe affrontare.
Si tratta di 2,8 milioni di famiglie con 8,6 milioni di cittadini. In pratica le persone in difficoltà sono oltre 14 milioni.
Tra i motivi del balzo dei poveri l’Istat mette in evidenza l’inflazione. È vero che si tratta di un fenomeno che riguarda tutti, perché tutti i redditi e gli stipendi non si adeguano subito al costo della vita aumentato, ma è anche vero che non incide allo stesso modo su tutti.
L’inflazione, infatti, è chiamata “tassa sui poveri” perché pesa molto di più su chi ha redditi bassi e che quindi destina la maggior parte delle proprie entrate ai consumi di sostentamento.
Questa categoria di persone spende quasi tutto in cibo, affitto e bollette: proprio quelle cose che nel 2022 sono diventate più costose.
Inoltre da troppo tempo i salari sono fermi, quindi perdono valore, e, vista l’aria che tira, non si pensa che il 2023 possa essere più positivo del 2022.

Giovanni Barbieri