
Nel 2011-2021 saldo demografico negativo per tutti i comuni. Nella Lunigiana orientale il calo più vistoso. I piccoli comuni lunigianesi ai vertici dell’età media più alta della regione con Zeri al primo posto. Cali preoccupanti anche nei comuni dell’area apuana.

Se quella di Massa Carrara è la provincia più vecchia della Toscana e con la natalità più bassa – ne abbiamo parlato su queste colonne la settimana scorsa – è facilmente immaginabile che sia la Lunigiana a soffrire maggiormente della crisi demografica che investe il territorio provinciale. I dati del censimento permanente di Istat riferiti a fine 2021, che questa settimana proponiamo su base comunale, confermano le aspettative e, per alcuni aspetti, comunicano tendenze già in corso da tempo. Sono 4.201 i residenti in meno in Lunigiana nell’ultimo decennio, con un calo del 7,3% della popolazione a fine 2021 rispetto al censimento del 2011.

I lunigianesi a fine 2021 erano 51.678. Nessun comune della vallata mostra un saldo demografico positivo: né quelli più piccoli e montani, né quelli più grandi e di fondovalle, che evidentemente hanno smesso di godere degli spostamenti interni dalle aree rurali e periferiche ai centri urbani di fondovalle. Spiccano il -19,2% di Zeri e il -12,3% di Comano, due tra i comuni più piccoli della Lunigiana, ma anche il -13% di Fivizzano, il -9,2% di Pontremoli e il -5,5% di Aulla, affermatosi negli ultimi decenni come indiscutibile centro urbano di riferimento della vallata, ma comunque non risparmiato dal calo della popolazione dei tempi recenti. Tuttavia, se le dinamiche demografiche della Lunigiana sono note da tempo, più sorprendenti appaiono quelle della zona apuana della provincia: Massa, Carrara e Montignoso in un decennio hanno perso quasi 7 mila residenti, con la cittadina marmifera in maggior calo e sull’orlo della soglia dei 60 mila abitanti. La struttura demografica della popolazione indica che un inversione di rotta della tendenza in atto difficilmente potrà avvenire nel medio periodo. Lo dimostra il fatto che per ogni bambino o bambina di età inferiore ai 14 anni nei comuni lunigianesi vi sono dai 2,14 anziani sopra i 65 anni di Aulla ai 7,96 di Zeri: oltre ad Aulla, solo Podenzana (2,15) e Licciana (2,28) hanno un indice di vecchiaia inferiore alla già preoccupante media provinciale di 2,65, ossia il più alto indice di vecchiaia dell’intera Toscana. Non va meglio il rapporto tra anziani e popolazione considerata in età “attiva”: anche qui i due estremi sono rappresentati da Aulla, dove ogni 100 abitanti tra i 15 e i 64 anni ci sono quasi 41 sono ultrasessantacinquenni e Zeri, dove ogni 100 abitanti tra i 15 e i 64 anni ci sono quasi 103 over 65. L’invecchiamento della Lunigiana può essere rappresentato anche da un dato sintetico quanto simbolico: Zeri, con i suoi 59,4 anni di età media è il comune più “vecchio” dell’intera Toscana, seguito dal grossetano Castell’Azzara e subito dopo da Comano, con un’età media di 56,1 anni. Ma non è finita: nei primi 10 comuni più anziani della regione si trovano anche Casola (55,1 anni), Bagnone (54,8) e Fivizzano (54,6) a testimoniare che l’invecchiamento della popolazione è un’emergenza per tutta la Lunigiana.
Dal censimento emerge anche un profilo del mercato del lavoro davvero sconfortante. Il tasso di attività, cioè la somma di quanti lavorano e quanti cercano un lavoro non trovandolo, rispetto all’insieme della popolazione nella fascia 15-64 anni, in una classifica dei comuni toscani con il tasso di attività più basso vede cinque comuni lunigianesi tra i primi dieci: Zeri e Casola sono primo e secondo, Comano e Bagnone sono quinto e sesto, Fivizzano è decimo. Si va dal 24,3% di Zeri al 42,4% di Fivizzano, mentre i tassi più alti si riscontrano a Podenzana, fermo comunque al 51,5%, un dato ben distante dal 58% dei comuni più virtuosi della regione. Se questi dati indicano una evidente sofferenza dei comuni della Lunigiana orientale, è comunque l’intera vallata ad essere investita da un inverno demografico certamente figlio di scelte procreative diverse dal passato, ma anche da una serie di problematiche socio-economiche tipiche delle aree interne. Le trasformazioni economiche e sociali hanno via via ridotto le opportunità lavorative e spinto la popolazione in età da lavoro verso le città della costa ligure e tirrenica o verso il Nord Italia, innescando processi di impoverimento del tessuto sociale che hanno avuto come risposta più significativa il taglio di servizi essenziali – la sanità, l’offerta scolastica, il trasporto pubblico locale – per la popolazione rimasta. Le strategie pubbliche per risollevare le aree interne si scontrano dunque con le scelte operate negli ultimi decenni, di cui i dati del censimento sono in larga parte conseguenza.
(Davide Tondani)