
Attacco azero contro il Nagorno-Karabakh. L’appello di mons. Bassalé, vescovo degli armeni

L’azione militare condotta la scorsa settimana dall’Azerbaigian contro la popolazione armena dell’Artsakh (nome armeno di Nagorno-Karabakh) ha causato almeno 200 morti e più di 400 feriti in totale secondo un report di Caritas Inernationalis giunto al Sir tramite mons. Mikael Bassalé, amministratore apostolico dei cattolici di rito armeno.
Tra i civili, si contano 10 morti, tra cui 5 bambini; più di 40 le persone ferite, tra cui 13 bambini. Cifre provvisorie in costante aggiornamento. Migliaia di persone sarebbero state evacuate con la forza da una ventina di villaggi o poste sotto assedio nella città di Martakert.
Sempre secondo rapporti non ufficiali, circa 10mila persone sono rimaste bloccate nell’aeroporto di Stepanakert senza acqua, cibo e altri beni di prima necessità. Secondo l’agenzia Asia News, da quei territori è in corso un esodo di massa in auto verso l’Armenia attraverso il corridoio di Lachin, chiuso da mesi.
Sono oltre 120mila gli armeni in fuga perché hanno opposto un netto rifiuto alla proposta di vivere come parte dell’Azerbaigian per timori di persecuzioni e pulizia etnica. Condanne alle operazioni militari azere sono giunte da Stati Uniti, Francia, Germania e Unione europea, che hanno chiesto di “fermare gli attacchi e tornare alla diplomazia”. La fine del conflitto nel Nagorno-Karabakh è stata chiesta anche da Papa Francesco.
“Non lasciateci soli, non abbandonateci. Quello che sta succedendo è una cosa terribile. Il governo azero ha deportato gli armeni nel corridoio di Lachin. Hanno poi attaccato la nostra gente, hanno colpito anche i bambini e gli anziani. Tanti sono morti. È un genocidio”.
Questo l’appello lanciato tramite il Sir da mons. Bassalé, sull’onda di segnalazioni da parte di fonti cattoliche in Armenia.
Secondo il vescovo, non è da escludere che gli azeri possano arrivare ad attaccare l’Armenia e questa “sarebbe una catastrofe” perché difficilmente l’Armenia potrebbe resistere da sola.
L’Armenia, spiega, “non può esistere senza il sostegno di Russia e Ue: la guerra in Ucraina ha complicato ancora più le cose… Non si sa chi è il vero amico del Paese”. La priorità ora per il vescovo è garantire la sicurezza delle persone: “Occorre inviare al più presto possibile forze delle Nazioni Unite per portarle in un posto sicuro”.
A causa del blocco del “Corridoio di Lachin”, unico accesso che dal mondo esterno porta all’enclave armena, ai circa 120.000 abitanti dell’Artsakh mancano cibo, farmaci, elettricità e carburante.
Il segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, Jerry Pillay, ha lanciato un appello urgente affinché il governo dell’Azerbaigian accetti di impegnarsi in un dialogo autentico e significativo con gli armeni del Nagorno – Karabakh/Artsakh per una pace giusta e sostenibile, nel pieno rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani”.
(M.C.B.)