Un problema umanitario, non di ordine pubblico
La camera ardente allestita al Pala Milone di Crotone (Foto ANSA/SIR)

Sono in molti coloro che dal Consiglio dei Ministri tenutosi a Cutro si attendevano qualcosa di più e di meglio. Sono mancate le parole di condivisione del dolore e non basta di certo apporre una lapide-ricordo con le parole del Papa per mettere a posto le coscienze.
Il messaggio lanciato a Cutro non è volto alla comprensione del problema profughi, ma sottolinea soltanto la caccia agli scafisti, anche con espressioni di dubbio valore: “Quello che vuole fare questo governo è andare a cercare gli scafisti lungo tutto il globo terracqueo”, in collaborazione “con i Paesi in cui la tratta viene organizzata”. In compenso ci saranno “maggiori flussi legali” e “cooperazione e investimenti in quelle nazioni che più collaborano a questa lotta alla tratta internazionale”.
Nel frattempo si alzano le pene, si restringe la “protezione speciale” per i richiedenti asilo, cercando di abolirla, e si potenziano i controversi Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri). Il tutto conferma che, per il governo, il problema migranti è una questione di ordine pubblico e non l’esito di gravi disagi di ordine politico, sociale, culturale, economico.
Peccato che, da che mondo è mondo, non sia mai accaduto che la minaccia delle pene (perfino la pena di morte) abbiano mai convinto i delinquenti a rinunciare alle loro malefatte.
Qualche riflessione in più merita la “protezione speciale umanitaria”. Il permesso di soggiorno legato a questo motivo è rilasciato nel caso in cui ricorrano le condizioni previste dalla legge, che protegge il profugo dall’espulsione o dal respingimento verso uno Stato in cui possa essere oggetto di persecuzione per vari motivi di razza, sesso, identità di genere, lingua, cittadinanza, religione, politica, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
Lo stesso accade per situazioni in cui esistano fondati motivi per ritenere che, in caso di espulsione, lo straniero rischi di essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti.
Nel 2022 la protezione speciale ha fatto emergere dalla clandestinità circa diecimila persone, che ora non avrebbero più la possibilità di essere messe in regola e di conseguenza verrebbero rigettate nella clandestinità poiché è evidente che il loro Paese d’origine, da cui sono fuggite, non è il massimo delle loro aspirazioni.
Non bisogna, poi, dimenticare che gli scafisti sono soltanto l’ultimo anello – quello più debole – di una catena che vede responsabilità ben più complesse, spesso anche negli ingranaggi delle istituzioni di quei Paesi con i quali si vogliono fare accordi. Cercano di uscire dall’inferno, con tutti i pericoli di cui sono ben coscienti, visto che le notizie viaggiano veloci, e noi prima li salviamo in mare, poi ce li ricacciamo. Si potrebbe fare qualcosa di meglio.

Giovanni Barbieri