Caro energia: quanto pesa nella vita dei giovani lunigianesi?

Lo abbiamo chiesto ad alcuni ragazzi lunigianesi che ci hanno offerto diverse chiavi di lettura, tra risparmio ed impegno verso le fonti energetiche pulite.

A quasi un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina, principale fattore di destabilizzazione del mercato europeo dell’energia, le bollette continuano a pesare su famiglie e imprese italiane. In questo contesto, potrebbe sembrare che i giovani rappresentino la fascia di popolazione che risente meno del caro energia. E ciò, in parte, è vero: dal punto di vista economico, nella maggior parte dei casi sono i genitori a pagare le bollette (considerando che, stando ai dati Eurostat aggiornati al 2022, in Italia i ragazzi lasciano i genitori per andare a vivere da soli all’età media di 29,9 anni).

Eppure, questa visione rischia di non mettere abbastanza in evidenza lo stato d’animo dei più giovani, nel nostro caso lunigianesi. Parlando con Riccardo Rocchi (21 anni, Mulazzo, studente fuori sede a Milano), Giuliana Bertoli (26 anni, infermiera nell’Ospedale Sant’Antonio Abate a Pontremoli) e Riccardo Bassi (24 anni, insegnante di lettere alle scuole medie di Castelbelforte, Mantova), si percepisce bene come, in realtà, molti giovani vivano la situazione con ansia e preoccupazione. “Sulla crisi energetica in sé non sono troppo preoccupato, sulla ricerca di fonti rinnovabili di più: se non ci sbrighiamo a cambiare fonti sarà un bel problema” dice Rocchi, che si disinforma “volontariamente, non perché non mi interessi, ma perché mi interessa troppo e mi causa molta ansia. Personalmente vedo poco interesse dai più adulti”. Stessa reazione nel caso di Bertoli, secondo la quale i giovani sono “bombardati da notizie che spesso tendono a essere allarmanti”. Dopo un periodo in affitto, Bertoli è riuscita a prendere casa insieme al fidanzato, ormai un anno fa, e ha subito attuato alcune misure al fine di ridurre il più possibile i costi: “è una casa di campagna (in località Traverde, comune di Pontremoli), abbiamo installato i pannelli fotovoltaici e una termostufa a legna che riscaldi gli ambienti” racconta, “all’inizio i costi sono elevati, ma a lungo andare hai un ritorno economico”.

Anche Bassi vive la situazione con preoccupazione, ma ritiene piuttosto che l’ansia generazionale riguardi più la crisi climatica che quella energetica: “io vedo la mia generazione indifferente, ma è più una mancanza di consapevolezza, proprio perché i giovani non se ne occupano direttamente”. Da questo punto di vista, l’università e soprattutto il fatto di essere fuori sede è un grande aiuto, poiché costringe i ragazzi ad assumere un peso (l’uso più consapevole del gas) del quale, vivendo con i genitori, solitamente ci si preoccupa meno. Nonostante tutto, molti giovani si sentono impotenti e ritengono di non essere abbastanza supportati dalle classi dirigenti: “finché saranno tenute da persone di sessant’anni non sarà facile” sostiene Rocchi. “Per chi non ha la disponibilità di fare ciò che abbiamo fatto noi, non credo che ora come ora le istituzioni siano d’aiuto” dice Bertoli. Bassi, nonostante ritenga che “dall’alto non si faccia abbastanza”, precisa che “la coperta è corta, c’è una lista di priorità politiche di cui il governo renderà conto a chi lo ha votato” e sostiene che “questi ragionamenti devono considerare le persone meno abbienti: non si può chiedere loro ciò che si chiede a un industriale”, cioè di attuare misure per contenere il consumo di energia. Misure che i tre ragazzi ritengono giuste, ma che non risolvono il problema: “fare qualcosa di piccolo nella nostra quotidianità può aiutare, meglio farlo che non farlo, ma rimane una goccia nel mare” dice Rocchi. “Se ragionassimo tutti in questa direzione, ci sarebbe un cambiamento” sostiene Bertoli. “Si devono attuare tutte le norme di buona condotta di risparmio energetico, ma queste norme non devono pregiudicare la vita delle persone” precisa Bassi. Il dubbio e la paura più grande è che questa situazione abbia ricadute negative su altri aspetti della vita dei giovani: “può influenzare decisioni importanti, come la scelta di comprare la prima casa” dice Bertoli. “Spero che non sia invalidante, ma temo che lo sia” conclude Bassi, parlando delle famiglie che preferiscono non affittare una casa per i figli universitari. A.M.