
La questione delle polveri di marmo riapre il conflitto tra economia e ambiente intorno al settore lapideo. Con il rischio di un danno economico dagli effetti pesantissimi sul settore a Carrara

Il rischio di un danno economico dagli effetti pesantissimi incombe sul settore della lavorazione del marmo a Carrara: laboratori e segherie, il comparto della trasformazione del marmo estratto nelle cave, potrebbero a breve dovere affrontare un problema che assume il colore e la consistenza della marmettola, lo scarto di lavorazione della lavorazione dei blocchi. A prefigurare venti di crisi nei piazzali delle segherie è una vertenza ambientale-amministrativa che si sta consumando tra Regione Toscana e Venator, la multinazionale britannica che presso lo stabilimento di Scarlino (Grosseto), lavora circa l’80% della marmettola prodotta nelle segherie apuane. Finiti i tempi in cui la fanghiglia che si crea dalla mescolanza polveri di lavorazione del marmo e acqua finiva nei corsi d’acqua cementificando alvei, distruggendo microhabitat e occludendo le branchie di pesci e invertebrati, la marmettola di laboratori e segherie, stimata in circa 170.000 tonnellate annue, viene ritirata dalla Cages, un’industria chimica locale che ne invia il 70-80% alla Venator, che la usa i per desolforare gli effluenti del processo produttivo del biossido di titanio, un materiale impiegato in vernici, plastiche, carta e cemento. Una felice applicazione di economica circolare che trasforma i rifiuti in nuovi prodotti? Non esattamente: ogni kg di biossido di titanio richiede 3,8 kg di marmettola, ma ne produce altri 6 di “gessi rossi”, una miscela di solfati di calcio, ossidi di ferro, biossido di titanio e altri materiali, con cui Venator ha quasi esaurito il riempimento della ex cava di Montioni a Follonica.

Il gesso rosso, è considerato rifiuto speciale non pericoloso, ma sulla discarica di Montioni sin dal 2018 sono stati puntati gli occhi di comitati ambientalisti, Regione Toscana e della Commissione Parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Il braccio di ferro a suon di carte bollate tra Venator e Regione ha portato la scorsa estate Venator ha chiudere due delle tre linee produttive del biossido di titanio. In questi mesi Cages ha continuato a ritirare le polveri umide dei laboratori apuani stoccando nei propri piazzali quelle non inviate a Scarlino, ma senza una riapertura delle due linee inattive dell’impianto grossetano l’impresa carrarese potrebbe arrivare in poche settimane alla saturazione. Non solo: gli addetti ai lavori ipotizzano che Venator, se il contenzioso amministrativo-ambientale portasse a prescrizioni più severe di quelle in corso, possa abbandonare l’Italia chiudendo anche l’ultima linea di lavorazione ancora attiva. La chiusura di Scarlino o la saturazione dell’impianto di Cages provocherebbe una paralisi del settore, da cui laboratori e segherie potrebbero uscire conferendo direttamente la marmettola in discarica: operazione non di immediata attuazione che comporterebbe un aumento dei costi dagli attuali 12-15 euro/tonnellata pagati a Cages a cifre che si aggirano sui 40 euro/tonnellata: un aggravio di costi per le imprese della lavorazione “al piano” che, a differenza di quelle che operano nell’estrazione “al monte”, hanno margini di guadagno molto più risicati, già in parte erosi dal caro energia di questi mesi. Il confronto istituzionale di questi mesi tra comuni di Carrara e Massa, Regione e associazioni di categoria non è ancora riuscito a sbloccare la situazione, complice anche l’inchiesta ancora in corsa da parte degli organi inquirenti grossetani, che ha probabilmente suggerito a tutti la massima cautela. Solo di recente sulla stampa quotidiana locale è comparsa la proposta del responsabile dell’Ufficio marmo del Comune di Carrara, Giuseppe Bruschi, di riconsiderare la marmettola da rifiuto speciale, quale è oggi, a sottoprodotto della lavorazione del marmo. Una soluzione che consentirebbe di utilizzare gli scarti di lavorazione in nuovi processi produttivi a patto che rispetti tutti i requisiti riguardanti la protezione di salute e ambiente, ma che passa per una pronuncia del Ministero dell’Ambiente, verificata la compatibilità con le normative europee. Una gestione della marmettola capace di preservare occupazione e reddito degli addetti delle segherie e di tutelare salute e ambiente attualmente sembra passare unicamente per un provvedimento governativo, dall’esito e dai tempi di emanazione estremamente incerti: l’ennesimo episodio che mostra il precario equilibrio tra ecosostenibilità e ragioni economiche occupazionali su cui si regge il principale comparto economico della provincia apuana.
(Davide Tondani)