Il Cile non cambia la Costituzione

Clamoroso esito del plebiscito: bocciato con ampia maggioranza il nuovo testo

Panorama di Santiago del Cile

Il clamoroso esito del plebiscito di domenica 4 settembre in Cile (previsto dai sondaggi ma non certo in questa misura) ha sancito che sarà necessario cercare nel Paese un nuovo e ben più ampio consenso per mandare “in soffitta” la Carta Costituzionale del 1980, che nel suo impianto iniziale (pur con numerose modifiche intercorse) risale ancora ai tempi del generale Augusto Pinochet. Il ‘no’ al nuovo testo, infatti, ha vinto con poco più del 60% per cento, quasi 8 milioni di voti, ben 3 milioni in più dei ‘sì’ (38,14%).
Ampia la partecipazione dei cittadini: hanno votato in 13 milioni, l’85,81% degli aventi diritto. Il plebiscito arrivava a poco meno di tre anni dalle proteste popolari che, alla fine, erano sfociate in un percorso condiviso, quello della Costituente. Il 25 ottobre 2020, il 78% dei votanti espresse la propria approvazione alla proposta di scrivere una nuova Costituzione. Il 15 e 16 maggio 2021 venne eletta (con prevalenza di candidati indipendenti, espressione della società civile, e della sinistra) la Convenzione nazionale, incaricata di scrivere la nuova Carta.
Il ballottaggio presidenziale del 19 dicembre, che ha incoronato Gabriel Boric, giovane candidato espressione della nuova sinistra, sembrava aver reso ancora più sicuro il cammino della nuova Costituzione. Il testo presentato, però, ha fatto emergere contrarietà e inquietudini, non solo nella parte “conservatrice” della società. Per molti aspetti va incontro a importanti esigenze. Ma lo fa in modo “massimalista”, cacciandosi in qualche “vicolo cieco” o in qualche “azzardo” istituzionale, o in dichiarazioni di principio destinate a creare ulteriore divisione, come quella di prevedere l’aborto come “diritto costituzionale”.
Secondo il teologo padre Jorge Costadoat, direttore del Centro teologico Manuel Larraín e da anni coscienza inquieta all’interno della Chiesa e del mondo culturale cileno – il testo ha molti problemi ma al tempo stesso contiene delle novità molto importanti e attese da lungo tempo”. Proprio per questo, secondo il gesuita, il dialogo deve proseguire, magari cercando di recuperare quello “spirito”, quella “volontà di convergenza”, che due anni fa aveva portato gran parte della società cilena ad accettare la sfida di una nuova Costituzione. Decisivi restano alcuni dei temi presenti nel testo, che segnano “un cambio culturale gigantesco. Penso ai diritti dei popoli indigeni e del popolo mapuche in particolare, al tema della valorizzazione delle donne e della parità. Alla necessità di superare un sistema economico neo-liberale, che ha privilegiato i consumi, dimenticando la solidarietà. Alla custodia del creato. All’esigenza di un vero decentramento, in un Paese”.
Tutto ciò, però, stride con la modalità con cui è stato inserito il diritto all’aborto.