La Spezia, una cattedrale nel  tempo del Concilio

Nasce durante il “Vaticano II” e ne accoglie le novità. Un vano circolare ritmato da 12 colonne che simboleggiano gli apostoli e sostengono una volta troncoconica

Le forme tradizionali dell’architettura, soprattutto religiosa, erano pervenute come processo continuo alla concezione unitaria dello spazio architettonico, applicando la metrica dell’ordine greco-romano e poi rinascimentale, senza problemi di “falso storico”, legando così tra loro funzione, struttura, forma e linguaggio. Dalla fine del Settecento le cose mutarono fino a perdere la cognizione di questa unità ed a ridurre tutto ad un giustapporsi di geometrie astratte.
Abbandono quindi della componente storicistica e ritorno a forme “pure” che, tuttavia, non possono essere distinte dalla funzione che il fabbricato deve assolvere e che non è, o almeno non soltanto, simbolica ma concreta essendo pensata per un uso. Tanto più che la nostra cattedrale nasce durante il Concilio Vaticano II ed accoglie le novità, consigliate nel 1970 dalla Sacra Congregazione per i sacramenti e il culto divino, che prevedevano, tra l’altro, una nuova sistemazione del presbiterio, con il celebrante rivolto all’assemblea, e la cappella appartata per la custodia dell’Eucaristia.
La nuova cattedrale espone un volume tanto astratto che nulla trasmette della funzione interna, non a caso è stato paragonato ad un contenitore di gas, ma potrebbe essere anche un palazzetto dello sport o altro ancora se non ci fossero due croci sull’asse, una a mezzogiorno e l’altra a settentrione che suggeriscono il contenuto. Bene o male la lunga tradizione cristiana ha codificato l’edificio religioso con un “tipo” a pianta basilicale con asse prevalente, o centrale, che tuttavia raramente riesce ad esprimere pienamente quel legame tra funzione e forma che gli è richiesto. La celebrazione si rivolge sempre verso un’assemblea che si trova di fronte o alle spalle e si può disporre al massimo a semicerchio, essendo sempre monodirezionata. Anche il meraviglioso San Pietro di Michelangelo a pianta centrale ebbe bisogno della navata del Maderno.
Questo accade anche nella cattedrale progettata da Libera-Galeazzi perché la posizione della cattedra vescovile, con il coro dei canonici, privilegia certamente l’asse NO-SE rispetto all’altro, ma ciò è negato dalla struttura perfettamente circolare del vano, ritmata dalle 12 colonne simboleggianti gli apostoli, che tutto sovrasta senza stabilire gerarchie. Certo impressiona il disegno della volta troncoconica con le intersezioni contrapposte dei coni minori generati dai nodi sferici obliqui in metallo che scaricano il peso sui pilastri, la trama delle sottomisure della cassaforma, ma l’arditezza tecnologica va a scapito dell’espressività della forma; anche un linguaggio perfettamente declinato può infatti nuocere alla poesia, quale espressione universale della natura dell’uomo dei suoi sogni, delle sue sofferenze, delle sue gioie.
Tutta l’architettura contemporanea soffre di questo sdoppiamento tra tecnica e creatività che tendono a prevalere l’una nei confronti dell’altra, in una dialettica sempre più esasperata, che nuoce all’unità dell’opera ed alla sua capacità di esprimere valori condivisi da un sentimento collettivo.

(R. G.)