La dignità alla base di uno sviluppo giusto
Non è dato sapere se il discorso che il presidente Mattarella ha pronunciato in occasione del giuramento di fedeltà alla Repubblica sarà catalogato come “storico” in tempi in cui la categoria delle cose memorabili è vittima di quella superficialità che tutto banalizza e rende effimero. Ci sono stati, però, alcuni passaggi il cui valore va bene al di là degli applausi resigli dalla maggior parte dei grandi elettori.
Nessuno si aspettava la veemenza del Napolitano-bis: non è nelle caratteristiche di Mattarella. Alcuni richiami, tuttavia, sono stati tanto espliciti quanto duri, almeno a chi voglia intenderli. Il ringraziamento “per la fiducia che mi avete manifestato”, per esempio, era stato preceduto dalla precisazione che si trattava di “nuova chiamata – inattesa – alla responsabilità; alla quale tuttavia non posso e non ho inteso sottrarmi”. Una precedenza data a “non posso” spiegata con il fatto che le attese di “tutte le italiane e tutti gli italiani” sarebbero state compromesse dal prolungarsi di uno stato di incertezza politica e di tensioni”.
Poi, dopo aver lodato l’impegno di quanti hanno aiutato il Paese a risollevarsi, l’invito a “disegnare e iniziare a costruire l’Italia del dopo emergenza” con “soluzioni rapide, innovative, lungimiranti”. Ne sono derivate due tirate di orecchie. Al Parlamento (e quindi ai partiti) come “luogo della partecipazione… dove la politica riconosce, valorizza e immette nelle istituzioni ciò che di vivo emerge dalla società civile”. Ma anche al Governo, che deve porre il Parlamento in condizione sempre di poter esaminare e valutare gli atti con tempi adeguati”.
Tuttavia, il passaggio del discorso del presidente Mattarella che più è stato ripreso è quello sulla dignità come “caposaldo di uno sviluppo giusto ed effettivo”, con precise indicazioni sugli ostacoli da rimuovere per rendere l’Italia un Paese migliore.
L’azzeramento delle morti sul lavoro, che “feriscono la società e la coscienza di ognuno di noi”; con la sicurezza sul lavoro che “riguarda il valore che attribuiamo alla vita”. Qui il ricordo del giovane Lorenzo Parelli. L’opposizione al razzismo e all’antisemitismo, aggressioni “intollerabili… alla coscienza di ognuno di noi”. Dignità è impedire la violenza sulle donne, rispettare i migranti, difendere il diritto alla vita, combattere la tratta e la schiavitù degli esseri umani. Poi, in una successione non scandita nel senso della rilevanza, il diritto allo studio e la lotta all’abbandono scolastico, il rispetto per gli anziani, il contrasto alla povertà, non costringere le donne a scegliere tra lavoro e maternità, le carceri non sovraffollate, il superamento delle difficoltà che umiliano le persone disabili, la libertà dalle mafie, il diritto ad una informazione libera e indipendente.
“La dignità, dunque – sono le parole conclusive del Presidente – come pietra angolare del nostro impegno, della nostra passione civile”.          (a.r.)