Il mondo è di nuovo di fronte ad una ripresa della pandemia da Covid-19, favorita da Omicron
Conferenza stampa del presidente del Consiglio, Draghi, con il ministro della Salute, Speranza
Qualche Cassandra lo aveva detto ma, come tanti bambini, un po’ tutti non ci abbiamo creduto finché non ci abbiamo battuto il naso ed ora siamo di fronte a una ripresa della pandemia, favorita anche da una nuova variante – la B.1.1.529 o Omicron – che, identificata in Sudafrica, ha destato subito grande preoccupazione nella comunità scientifica internazionale, allarmata del fatto che, in una settimana, si sia registrata una escalation di contagi da 0 a 80%, in rapporto alle altre varianti. Ad aumentare lo stato di allarme è anche la possibilità che i vaccini finora inoculati possano trovarsi in difficoltà nel fronteggiare questa nuova variante. Gli esperti tendono a smontare uno stato d’ansia che potrebbe avere gravi conseguenze sulle popolazioni: come spiega al Sir il professor Massimo Ciccozzi, responsabile di Statistica medica e epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio Medico di Roma: “è ancora troppo presto” per lanciarsi in previsioni che hanno bisogno di maggiori dati scientifici.
Sta di fatto che, al di là di ogni presa di posizione, tanto tranquillizzante la situazione non deve esserle, se ha portato il premier britannico, Boris Johnson, alla convocazione di un vertice d’urgenza dei ministri della Salute del G7. A questo si aggiunga il fatto che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha ritenuto di informare che “la diffusione a livello globale sarà elevata”. Nelle prossime settimane, quindi, potrebbero esserci picchi di Covid-19 con gravi conseguenze “secondo il luogo in cui dovessero verificarsi”.
Finora – e questa è la buona notizia – i sintomi dei contagiati sono lievi e non si sono verificati decessi legati ad Omicron, nonostante la stessa stia viaggiando con velocità sorprendente attraverso i diversi continenti, dall’Europa all’Oceania. Frenetica l’attività degli scienziati che stanno lavorando per capire come si sia sviluppata, quanto sia pericolosa e quanto gli attuali vaccini la possano contrastare. Per i medici sudafricani, che per primi l’hanno studiata, le sue numerose mutazioni la rendono degna della massima attenzione. Ursula von der Leyen ha affermato che “ci vorranno due-tre settimane per avere una visione completa”, ed ha invitato ad accelerare con “vaccini e terza dose”.
In realtà, il tema dei vaccini presenta almeno due fronti. Nei Paesi del “primo mondo” c’è da affrontare l’opposizione, a volte violenta, dei no-vax, sempre più ridotti di numero ma sempre più determinati a mantenere le posizioni. Per i “Paesi poveri”, o comunque facenti parte dell’area più povera del pianeta, la battaglia consiste nel sensibilizzare “i ricchi “ e le case farmaceutiche affinché facciano giungere in ogni dove le forniture di vaccini.
Per due motivi almeno: uno nobile che riguarda la salute di milioni di persone svantaggiate da condizioni economiche misere; l’altro egoistico perché, se le vaccinazioni non giungeranno a percentuali più alte in ogni parte del mondo, più difficile sarà vincere la battaglia.
Ecco che cosa succede in Italia
Una fiala del vaccino per il Covid 19
Anche il governo italiano sta correndo ai ripari: dal 6 dicembre al 15 gennaio, anche in zona bianca, si dovrà mostrare il “Super Green pass” – riservato alle persone vaccinate o guarite dal Covid – per entrare in ristoranti al chiuso, cinema, teatri o discoteche; mentre il Green pass “base”, che si potrà ancora ottenere con tampone negativo antigenico o molecolare, sarà obbligatorio anche per alberghi, spogliatoi per l’attività sportiva, trasporto ferroviario regionale e trasporto pubblico locale. Grandi manovre per organizzare i controlli che possono rendere credibili certi provvedimenti.
Al di là delle diverse opinioni non bisogna dimenticare che chi è vaccinato corre molti meno rischi di ammalarsi; inoltre, in caso di contagio, ha meno probabilità di essere colpito in forma grave. Per questo una distinzione tra chi è vaccinato e chi non lo è appare più che giustificata dal punto di vista epidemiologico.
L’impatto, comunque, lo si potrà verificare solo nelle prossime due-tre settimane, ma sarebbe già positivo se dovesse indurre a vaccinarsi una buona parte dei circa 7 milioni di italiani – di cui più di 2 milioni e mezzo over 50 – esposti a forme che possono portare a ricovero in ospedale e/o in terapia intensiva, andando a creare di nuovo difficoltà per la gestione di altre patologie. Chi non è “afflitto” da un rifiuto totale delle vaccinazioni ma ha solo una riserva nei confronti di questa vaccinazione, non può più negare che, se oggi possiamo avere una vita quasi normale, è solo grazie ai vaccini.
L’ultima frontiera sul rifiuto del vaccino è rappresentata dalla possibilità che esso possa essere inoculato anche nei bambini fra i 5 e gli 11 anni. L’Ema lo ha approvato e presto anche l’ente italiano corrispondente lo farà ma il dibattito verte sulla necessità che si possa stabilire, con ricerche abbastanza diffuse, che non abbia effetti collaterali pericolosi. Se questo avverrà, non ci potranno essere ulteriori esitazioni, ferma restando la possibilità di scelta dei genitori. Intanto, bisogna darci dentro a convincere gli adulti per ridurre gli effetti più gravi della malattia. (a.r.)
Nel frattempo, dopo la ripresa dei contagi in diversi Paesi europei – che non hanno voluto riconoscere l’importanza della prevenzione e sono rimasti a percentuali di vaccinati troppo basse e ora si ritrovano a prendere decisioni drastiche – il virus sembra essersi ringalluzzito anche nella nostra Italia, soprattutto in alcune regioni e province autonome a rischio di ritorno in fascia gialla e comunque già marcate da diverse zone rosse ristrette a singoli comuni. Dietro a questa risalita dei contagi ci sono ragioni ideologiche (vedi Bolzano e dintorni) ma anche tanta voglia di riprendere i commerci nei diversi settori, sacrificando a questa volontà i controlli ritenuti esagerati.