La Misericordia di  Fivizzano: carica di storia con lo sguardo rivolto al futuro

Le origini vanno ricercato alla fine del XV secolo: fu infatti il terribile terremoto del 1481 a far nascere “La Compagnia dei battuti”. Le sue vicende storiche sono state di recente ricostruite da Francesco Jacomelli

Piazza Garibaldi a Fivizzano all’inizio del Novecento. Qui nel 1486 iniziò la costruzione della chiesa della Confraternita

L’adesione al messaggio evangelico di carità, proprio del Cristianesimo, ha dato vita, nel tempo, a istituti di beneficenza con nomi e forme organizzative diverse, come le Opere Pie e le Confraternite, termine, derivato da frater, fratello, da cui fraternitas. Queste ultime, a Firenze, ma anche a Roma, hanno origine nel XIII secolo, con lo scopo di aiutare e “soccorrere residenti e viandanti in difficoltà, ma anche per liberare persone tenute in schiavitù , donne in procinto di sposarsi o di entrare in convento”.
A Fivizzano fu il terribile terremoto del 1481 a far nascere “La Compagnia dei battuti”, poi divenuta, con un proprio statuto, “Confraternita della visitazione della Beata Vergine Maria a Santa Elisabetta”, quando nel 1486 iniziarono i lavori della chiesa a Lei dedicata in piazza del Campo, oggi Garibaldi. è da questa data, quindi, che ha inizio la storia della Confraternita a Fivizzano, che si è protratta fino ai nostri giorni. Una storia lunghissima, costellata da molti eventi e sapientemente ricostruita, da Francesco Jacomelli con puntuali riferimenti ai documenti disponibili, essendo molti andati distrutti a causa di terremoti, incendi o bombardamenti.
Nel 1664, ad esempio, alla Confraternita venne donato “lo spitale di Sant’Antonio”, costruito nel 1352 da Spinetta Malaspina in via del Borgo, oggi Labindo, e nel 1659 acquistato per “300 piastre fiorentine” da Lelio Buzzi, governatore della Lunigiana e membro della Confraternita, alla quale venne affidata l’amministrazione dei beni. L’ospedale in cattivo stato fu abbandonato e ricostruito in piazza del Campo, adiacente alla chiesa di Santa Elisabetta, dove attualmente sorge l’edificio scolastico Adolfo Bartoli. Ci pensò il granduca Pietro Leopoldo ad interrompere l’opera della Confraternita, quando la soppresse, come altre istituzioni medievali, nel 1783.

Fivizzano, inizi Novecento. Piazza Garibaldi

Appena 18 anni dopo, però, nel 1801 poté riattivarsi dopo essersi unita alla Compagnia di Maria Santissima, riconosciuta dal re dell’Etruria, Ludovico I, ed aver preso il nome di Confraternita del Gonfalone.
A sua volta il Vescovo diocesano la riconobbe il 15 gennaio 1802 e nell’aprile dello stesso anno, venne aggregata alla Compagnia di Roma della Basilica di Santa Maria Maggiore, rinnovata durante l’ultimo Giubileo. L’istituzione fu soggetta, nel tempo, ad affrontare situazioni delicate per prestare i servizi alla popolazione, sempre più numerosi, rispetto a quelli iniziali della sola partecipazione ai funerali, e gravosi, per reperire le risorse necessarie (in un primo tempo a carico dei soli confratelli) a finanziarli, per dotarsi di una sede e per renderla agibile. A metà dell’Ottocento “alcuni cittadini, forse per le difficoltà della Confraternita, presero esempio – sono parole di Jacomelli – e diedero vita ad un’altra confraternita, della Misericordia, che, poi, si aggregò a quella del Gonfalone”.
Nacque così quella che ancora oggi è la Confraternita del Gonfalone e della Misericordia, che adottò, in sostituzione di quella bianca, la divisa nera: cappa con stemma che raffigura la Mater omnium, buffa, cordone, rosario, cappello. Il Vescovo aggiunse il titolo di “Venerabile, per i meriti e i servizi caritatevoli offerti, in particolare durante l’epidemia di colera del 1855”.
Della lunga vita della Confraternita vengono ancora oggi ricordati alcuni fatti significativi della sua storia: l’acquisto, nel 1853, da parte del governatore Raffaello Ciabattini, dell’immobile per la sede nella piazzetta Bassa; il telegramma di cordoglio inviato, nell’agosto del 1900, alla casa reale per l’assassinio del Re Umberto I; la modifica statutaria del 1902, approvata dal Vescovo, che consentiva la partecipazione della Confraternita ai funerali degli “acatollici”, indossando solo la cappa e la buffa (alle spalle della decisione ci furono i funerali di una donna di religione anglicana, ai quali, per proibizione ecclesiastica, la confraternita non poteva partecipare. Quella decisione sanò un lungo conflitto interno; l’apporto alla fondazione della Pubblica Assistenza nel 1979 (era governatore Enzo Bonizzi), con la donazione di due ambulanze.
Oggi , però, dopo 35 anni di illuminata guida del prof. Eugenio Bononi (che per motivi di salute l’ha da poco lasciata) e di bilanci positivi, derivati anche dal monopolio nel trasporto dei defunti, sta attraversando un momento difficile, nonostante l’ingresso nel Consiglio (Magistrato) di qualche giovane. Occorrono nuove e ulteriori forze, perché il programma per il futuro è ambizioso e ricco di iniziative. Esso prevede il rifacimento del tetto della chiesa della Confraternita, in gran parte già finanziato dalla CEI; la costituzione di una agenzia di servizi funebri completi; servizi di trasporto solo per visite mediche e terapie col mezzo, una ambulanza di tipo B, donata dalla Misericordia di Pontremoli; preparare una struttura per ospitare alcune suore Ancelle dell’Immacolata della congregazione della Beata Madre Anna Maria Adorni.
La relazione tenuta nei giorni scorsi da Jacomelli si è conclusa con una nota di rammarico, quasi di rimprovero “senza destinatario”, per non essere riusciti, nel 1979, a raccogliere nella Misericordia (sono ben 300 in Toscana) quanti hanno dato vita alla Pubblica Assistenza.

Andreino Fabiani