“Nel momento più buio e drammatico della nostra storia molti italiani risposero prima di tutto alla loro coscienza per opporsi alla violenza, alla dittatura, all’ingiustizia. Resistere fu anzitutto un’assunzione di responsabilità personale, talvolta pagata con la vita. Una disponibilità al sacrificio, una scelta rischiosa… Un regalo alle generazioni che sarebbero venute dopo”.
Così uno dei passaggi più significativi del discorso che il presidente della Repubblica Mattarella ha pronunciato in occasione dell’anniversario della Liberazione. Ci ha colpito l’idea del “regalo” che gli italiani adulti di allora intesero dedicare agli italiani più piccoli ma già nati o che sarebbero venuti dopo. Abbiamo già scritto, più volte, che da diverso tempo il susseguirsi delle generazioni è avvenuto in positivo, con miglioramenti costanti delle condizioni di vita, materiali e spirituali, i momenti post liberazione fanno parte di questa tendenza positiva.
Possiamo dire la stessa cosa per i nostri giorni? Le nuove generazioni avranno in regalo un mondo migliore? Si prospettano condizioni di vita migliori per il nostro Paese? Affianchiamo al discorso di Mattarella quello che Draghi ha pronunciato in Parlamento lunedì 26 aprile, in occasione della presentazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per l’accesso ai fondi straordinari europei anti Covid.
Il presidente del Consiglio ne ha parlato come di una specie di ultima spiaggia per l’Italia, spesso lenta, se non inadempiente, nel far fronte agli impegni assunti: “Nel realizzare i progetti, ritardi, inefficienze, miopi visioni di parte anteposte al bene comune peseranno direttamente sulle nostre vite. Soprattutto su quelle dei cittadini più deboli e sui nostri figli e nipoti. E forse non vi sarà più il tempo per porvi rimedio”.
Draghi ha anche invitato a metterci dentro “le vite degli italiani… soprattutto quelle dei giovani, delle donne, dei cittadini che verranno”. Il presidente del Consiglio ha, quindi, ben presente che anche gli italiani di oggi, come quelli che avevano combattuto il nazifascismo, sono chiamati a lasciare alle generazioni future un “regalo”, certo sul piano dei valori, ma anche della qualità della vita, del benessere sociale.
E qui il discorso si fa difficile perché le risorse che stiamo mettendo in campo dal punto di vista economico non graveranno solo sulle nostre spalle ma in gran parte su quelle delle generazioni future.
Ecco il “peso” che potrebbe calare sulle vite di figli e nipoti se anche questo Pnrr dovesse diventare l’ennesimo flop nazionale al momento della sua attuazione. Solo se ci orienterà al “bene comune” (anch’esso citato da Draghi), facendo sì che i pesanti debiti assunti possano far rifiorire l’economia, creando lavoro e produttività, questo “peso” potrà ridursi a un carico sopportabile.
Antonio Ricci