Il “dono della vita” dei missionari è triste realtà

Missionaria laica uccisa in Perù. Ferito alle gambe il vescovo di Rumbek (Sud Sudan)

Nadia De Munari (foto ANSA/SIR)

“Sono sconvolto per quello che è accaduto a questa donna così nobile, non posso ancora concepire come sia potuto accadere un assassinio come questo”: così l’arcivescovo di Lima (Perù), Carlos Castillo Mattasoglio, ha commentato al Sir la drammatica morte di Nadia De Munari, la missionaria laica cinquantenne originaria di Schio (VI), da ben 26 anni in Perù, morta a Lima sabato scorso, a seguito di una aggressione subita durante il sonno a Nuevo Chimbote, nella regione centro-settentrionale di Ancash.
Qui era responsabile del centro “Mamma mia”, che opera a favore di minori bisognosi, e seguiva sei asili e una scuola elementare nell’ambito dell’attività dell’Operazione Mato Grosso, il movimento missionario fondato dal salesiano don Ugo De Censi. Le cause dell’aggressione sono ancora da accertare ma si è ipotizzata una rapina, del tutto inspiegabile, considerando la stima di cui godeva la missionaria.
Un altro fatto di sangue, per fortuna non mortale, questa volta in Africa, a Rumbek (Sud Sudan), ha coinvolto mons. Christian Carlassare, missionario comboniano di 43 anni, nato a Schio e originario di Piovene Rocchette (PD); il più giovane vescovo al mondo, eletto a tale ruolo da Papa Francesco lo scorso 8 marzo. Era a Rumbek da una decina di giorni, in vista del suo insediamento in quella diocesi, programmato per il 23 maggio prossimo.
Anche in questo caso un’aggressione notturna: due uomini armati hanno bussato alla porta della curia e gli hanno sparato alle gambe: è vivo per miracolo, dopo un delicato intervento chirurgico. Suor Elena Balatti, comboniana, si era sentita al telefono con padre Christian, come lo chiamano tutti, e riferisce al Sir che “era sereno, per nulla preoccupato. Mi ha detto che la mattina studiava il dinka, la lingua locale, e il pomeriggio riceveva in curia le persone. Che io sappia non aveva ricevuto minacce”.
Ora il vescovo è fuori pericolo ed è in attesa di un trasferimento via aereo all’ospedale di Juba. Poi i sanitari valuteranno se sarà necessario spostarlo a Nairobi o meno. Parlando al telefono con la sua famiglia e con il responsabile dei missionari comboniani in Italia, ha invitato a pregare “non tanto per me ma per la gente di Rumbek che soffre più di me”.
“La gente – conferma suor Elena – non ne può più di questi livelli di violenza e vorrebbe che il mondo ricevesse un’immagine pacifica del Paese”. In una recente intervista al settimanale cattolico “La voce dei Berici”, padre Christian ricordato che “nel 2013 abbiamo attraversato una nuova ondata di violenza che ha provocato 4 milioni di sfollati su 10 milioni di abitanti. Il Paese, di fatto, è smembrato. La violenza ha toccato solo marginalmente Rumbek, ma anche qui gli episodi di violenza e di furti del bestiame sono frequenti”.