L’area archeologica di Luni tra la complessità della storia e la sfida del rilancio futuro
Una suggestiva immagine dall’alto dell’anfiteatro di Luni.
Una suggestiva immagine dall’alto dell’anfiteatro di Luni.

Una colonia romana in posizione geografica strategica, un porto commerciale di primaria importanza, una sede vescovile della Chiesa primitiva: tutto questo è stata Luni, la città che ha dato il nome ad una regione – la Lunigiana – la cui giurisdizione diocesana si estendeva da Deiva Marina alla Versilia, dall’Alta Garfagnana a tutta la valle del Magra, comprendendo anche parte dell’alta valle del Taro. Una storia, quella di Luni, iniziata nel 177 a.C. e spentasi nel medioevo, quando le incursioni saracene, il progressivo interramento del porto da parte della Magra e il conseguente dilagare della malaria determinarono il progressivo abbandono del sito. A certificare la fine di Luni rimane la data simbolica del 1204, quando il vescovo Gualtiero abbandonò la città e a trasferì cattedrale e sede vescovile poco più a monte, a Sarzana. Dei quasi 14 secoli della vita di Luni oggi è rimasta un’area archeologica in piena campagna, ai margini della tenuta di Marinella; un’area fortunatamente quasi del tutto scampata alla caotica espansione edilizia degli ultimi decenni, ma che purtroppo ha dovuto fare i conti con l’impaludamento e l’abbandono, le bonifiche e l’attività agricola che hanno cancellato o sepolto gran parte della storia del sito.

Un particolare di un mosaico romano a Luni, visibile nella “Domus di Oceano”
Un particolare di un mosaico romano a Luni, visibile nella “Domus di Oceano”

La dispersione dell’immenso patrimonio di Luni è cominciata con l’abbandono e proseguita fino ai giorni nostri: i materiali costruttivi della città alto medievale sono stati reimpiegati nelle costruzioni di Castelnuovo e Sarzana e gli oggetti di pregio rinvenuti nel periodo dell’abbandono, andarono a impreziosire collezioni private, come quella di Lorenzo il Magnifico, mentre statue in marmo, suppellettili e reperti frutto delle ricerche archeologiche condotte in modo sistematico a partire dall’Ottocento, confluirono nei Regi Musei di Torino quando le campagne di scavo furono finanziate dal Re Carlo Alberto, o al museo Archeologico di Firenze, a cui furono venduti nel 1882 dal marchese Remedi, che finanziò altre campagne di scavo. Stesso destino per i ritrovamenti emersi dagli scavi dell’industriale del marmo Carlo Fabbricotti, che furono furono ceduti nel 1939 ad un consorzio di enti pubblici e oggi sono esposti al Museo Civico “Ubaldo Formentini”, presso il Castello San Giorgio della Spezia. Solo nel 1909 cessarono i recuperi indiscriminati e ancor più tardi maturò l’idea di realizzare in loco un luogo di raccolta e di esposizione dei reperti: il Museo Archeologico Nazionale fu inaugurato nel 1964. Negli ultimi decenni l’obiettivo è stato quello di “musealizzare” il sito, con l’acquisizione di terreni e di immobili presenti nell’area della città antica e nelle vicinanze. Tuttavia, se i ritrovamenti hanno cessato di essere dispersi in mezza Italia (ma nemmeno molto è stato fatto per tentare di riportarli a Luni), la valorizzazione dell’area archeologica non ha fatto i necessari passi in avanti. Le campagne di scavo non hanno avuto l’impulso necessario per riportare alla luce ulteriori pezzi della colonia romana, complice soprattutto la scarsità di fondi e i successivi tagli al bilancio dei Beni Culturali, causa anche della scarsità numerica del personale. Ma certamente, a impedire che l’area archeologica di Luni facesse passi avanti per rendersi più attrattiva da un punto di vista culturale e turistico hanno contribuito anche gestioni poco manageriali e un certo disinteresse della politica locale. Lo scarso afflusso turistico e i giudizi negativi che molti visitatori hanno postato sui siti di recensione turistica – l’anfiteatro non sempre visitabile, la cartellonistica scarna, la digitalizzazione ancora arretrata, la palazzina che ospita i reperti chiusa – sono la testimonianza di una valorizzazione su cui solo negli ultimi anni si è cominciato ad investire. (Davide Tondani)

Anfiteatro, museo, digitalizzazione: a piccoli passi verso una maggiore valorizzazione

La sede del Museo all’interno del parco archeologico di Luni
La sede del Museo all’interno del parco archeologico di Luni

Una rinnovata attenzione al sito archeologico e alle sue potenzialità si è manifestata negli ultimi anni, anche se con risultati ancora da verificare. L’anfiteatro è senz’altro il luogo più suggestivo dell’area archeologica e il Comune di Luni proprio poche settimane fa ha annunciato la stipula di un accordo con la Direzione regionale musei della Liguria per gestire direttamente il sito. Una soluzione tesa a aggirare i problemi legati alla scarsità di personale dell’area archeologica, con la quale il Comune si impegna a mantenere per i prossimi due anni il decoro ma si occuperà anche della promozione e della valorizzazione, gestendo aperture e visite in collaborazione con la direzione dell’area archeologica. Una cooperativa turistica e i volontari dell’associazione Amici di Luni saranno di supporto a questa attività che prevede non solo l’opportunità di visitare il sito più facilmente che in passato, ma anche la possibilità di trasformare l’anfiteatro in area di spettacoli teatrali, concerti o location per matrimoni: una soluzione che potrebbe fare storcere il naso ai puristi della fruizione dei beni culturali ma senz’altro migliore delle difficoltà attuali di fruizione. L’accordo tra Comune e Direzione regionale musei della Liguria avrà la durata di due anni con possibilità di prolungarlo di un’altra stagione. Secondo le intenzioni del sindaco Silvestri, emergenza sanitaria permettendo, in estate il nuovo progetto sarà operativo. Dovrebbe inoltre essere in dirittura di arrivo la demolizione della vecchia sede del museo archeologico, una palazzina in mattoni e cemento armato che ospita i reperti degli scavi, progettato negli anni ’50 laddove si scoprirono, durante i lavori di costruzione, i resti del tempio capitolino, visibile sotto il piano rialzato dell’edificio. I reperti saranno trasferiti nelle altre strutture chiuse del parco archeologico e a demolizione avvenuta verrà delineata una nuova visibilità dell’area del tempio capitolino prevedendo anche l’ampliamento dei percorsi con l’accesso alla Domus degli affreschi. Infine, il museo di Luni per la propria valorizzazione si sta affidando anche alle nuove tecnologie. Quattro opere custodite nel casale Groppallo, ormai adibito a nuova esposizione museale, si potranno adesso ammirare anche in 3D – in un filmato animato disponibile online – grazie all’intervento realizzato in collaborazione con il Dipartimento di ingegneria civile, chimica e ambientale dell’Università di Genova. Sul sito luni.beniculturali.it sono disponibili i rilievi tridimensionali ottenuti dall’acquisizione delle superfici di quattro statue lapidee di grandi dimensioni: le statue maschili “togato” e “capite velato”, la statua femminile con cornucopia, la statua di fanciullo, quattro reperti del I secolo d.C. ritrovati negli scavi del 1837 e in quelli degli anni ’70 del secolo scorso nell’area del tempio capitolino. (d.t.)

Il nuovo ponte pedonale: ricucita la frattura autostradale tra Luni e la piana del Magra

Il ponte pedonale di Luni sopra la A12
Il ponte pedonale di Luni sopra la A12

La passarella sopra la A12 Fra tutti gli interventi degli ultimi anni, quello di più alto impatto visivo ed economico è stato la passerella pedonale “Portus Lunae” che passando sopra l’autostrada A12 ricongiunge Luni Mare e la Tenuta di Marinella con l’area archeologica. Con un costo di 17 milioni di euro a carico di Salt e Mibact, a due decenni dalla sua ideazione, la passerella è stata inaugurata nel 2019. Si tratta di un manufatto con una visione architettonica ben precisa: il pilastro a forma di “faro” retroilluminato stante ad indicare l’antico porto, la passerella di 400 metri che ricorda la forma a falce dello scalo. La passerella consente di accedere direttamente all’area archeologica dopo aver parcheggiato l’auto nel parcheggio autostradale. Coloro che provengono dalla direzione di Livorno possono percorrere anche un piccolo tunnel pedonale che consente di apprezzare un video emozionale sull’antica città ed il suo territorio. Sebbene debbano essere risolti ancora alcuni contenziosi con le proprietà private attigue e alcune polemiche sull’opportunità e sulla bellezza di questa infrastruttura non si sono ancora sopite, la passerella è comunque un potenziale per l’area archeologica. All’atto dell’inaugurazione, la rappresentante di Salt si spinse a dichiarare che, stimando il passaggio di 36 mila veicoli al giorno in autostrada e incrociando altri dati, si poteva ipotizzare che la passerella avrebbe potuto portare un milione di visitatori all’anno a Luni: numeri ben lontani dalla realtà di Luni ma che offrono un’idea della nuova consapevolezza della capacità attrattiva del sito. (d.t.)