
In discussione alla Camera un disegno di legge per l’estensione in Lunigiana dell’attuale Parco regionale del territorio spezzino

Un parco nazionale del fiume Magra: l’idea di estendere anche in territorio toscano l’attuale Parco regionale di Montemarcello-Magra-Vara non è più solo il sogno di qualche associazione ambientalista, ma un vero e proprio disegno di legge depositato alla Camera dei Deputati nel luglio 2019. Firmatarie della proposta le deputate Rossella Muroni, ex presidente nazionale di Legambiente e eletta a Montecitorio con Leu, e Raffaella Paita, spezzina, ex PD ora Italia Viva. La proposta, frutto di un convegno che due anni fa Legambiente organizzò a Sarzana per fare il punto sul futuro dell’area insieme agli amministratori regionali e locali e alle associazioni del bacino idrografico, sta lentamente uscendo dall’ambito di esperti e addetti ai lavori e sta prendendo quota suscitando, almeno sul territorio ligure, un certo dibattito. Il Parco nazionale del fiume Magra, si legge nella relazione tecnica di accompagnamento al disegno di legge, dovrebbe comprendere l’attuale territorio del Parco regionale di Montemarcello-Magra-Vara in provincia della Spezia, le aree naturali protette di interesse locale (ANPIL) situate lungo il Magra in provincia di Massa-Carrara (684 ettari in 7 comuni da Filattiera e Mulazzo verso valle), oltre ai siti della rete Natura 2000 compresi nel bacino idrografico interregionale del fiume non ricompresi in altre aree parco: potrebbe essere il caso dei 523 ettari di Zona Speciale di Conservazione della valle del Gordana, tra Pontremoli e Zeri.

Due sono i fattori che spingono verso l’estensione del Parco nella Lunigiana interna. Il primo riguarda l’unità ecologica (ma anche socioeconomica) del bacino idrografico della Lunigiana Storica, oggi diviso tra due regioni quando sarebbe necessaria una gestione ambientale unitaria. Non si tratta di ragionamenti teorici sollecitati dal gran parlare di transizione ecologica, ma di temi concreti per tutta la vallata. A partire dalla costosa partita dello smaltimento di detriti e legnami che il Magra riversa ad ogni alluvione, l’ultima di poche settimane fa, sull’arenile di Fiumaretta e Marinella, fino alla tutela del grande capitale naturale delle fonti idropotabili alimentate dal fiume: dai pozzi di Fornola, che forniscono acqua a 200 mila persone tra Spezia e bassa Val di Magra, a quelli disseminati nella Lunigiana interna: Albiano, Bagni di Podenzana, Terrarossa, Aulla e altri ancora nei bacini minori. C’è poi da valorizzare la gestione ambientale di un bacino con un’eccezionale diversità biologica e bioclimatica in soli 50 chilometri e di coordinare le politiche di difesa del suolo di un’area che negli ultimi anni ha sofferto danni enormi per il dissesto idrogeologico. Il secondo tema verte sull’opportunità di fare del Magra una “cerniera” tra gli ambienti già protetti nel territorio della Lunigiana Storica: il Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, il Parco nazionale delle Cinque Terre e il Parco regionale delle Alpi Apuane. In sostanza il parco del Magra contribuirebbe a fare della provincia spezzina e di quella apuana un importante distretto ecologico sui cui costruire opportunità di sviluppo economico, sia tramite il turismo e il suo indotto che tramite le attività ambientali. Il disegno di legge ha cominciato il proprio iter: assegnato a settembre 2019 alla Commissione Ambiente alla Camera, lo scorso dicembre è iniziata la discussione che proseguirà con le audizioni con i rappresentanti delle aree interessate e con i soggetti e le categorie che in esse operano a vario titolo. Sarà quindi l’occasione per fare uscire dal silenzio la proposta e verificare quanto la politica e la società civile lunigianese vorranno sposare questa iniziativa. (Davide Tondani)
Le reazioni della politica locale

Se in Lunigiana la discussione sull’istituzione del Parco non è ancora partita, nell’area spezzina, come già detto, il dibattitto ha già assunto una certa vivacità, dovuta sia all’annoso problema della complicata pulizia delle spiagge su cui il Magra riversa quantità sempre maggiori di legna e rifiuti, sia alla partita per il rinnovo della presidenza del Parco di Montemarcello-Magra-Vara, “incubatore” del nuovo Parco Nazionale, attualmente commissariato dalla Regione Liguria dopo una stagione, quella della prima presidenza Toti, contraddistinta dal depotenziamento dell’ente da parte della Regione e da veri e propri scontri tra l’Ente e la politica regionale e locale, giunti al loro apice dapprima con un tentativo di declassare il Parco in tante aree protette comunali (la legge regionale che lo sanciva è stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta) e con il tentativo – andato a vuoto – di Andrea Costa, già sindaco di centrodestra di Beverino e consigliere regionale di maggioranza (non rieletto lo scorso settembre), di abolire tout-court l’Ente Parco, devolvendone le competenze alla Provincia.

In Commissione Ambiente, la parlamentare spezzina Manuela Gagliardi (centrodestra, area Toti), pur dichiarandosi senza pregiudizi rispetto all’iniziativa, ha raccolto “qualche preoccupazione di istituzioni e imprese” e segnalato che la proposta non sarà semplice da gestire perché si parla di un parco “comprende zone interne e costiere molto differenziate tra loro, non solo sul piano geologico ma anche su quello economico e sociale”. Convintamente a favore dell’allargamento del Parco è invece Massimo Caleo (PD), che del Parco di Montemarcello fu presidente nei primi anni Duemila; già sindaco di Sarzana e senatore nella scorsa legislatura, in cui fu vicepresidente Commissione Ambiente del Senato, attualmente responsabile nazionale parchi e aree protette del PD, Caleo non ha dubbi sul fatto che “il Parco rappresenta una grande opportunità, sia per quanto riguarda le azioni di tutela e conservazione lungo tutta l’asta fluviale, sia per le grandi occasioni legate alle politiche di sviluppo sostenibile”. L’ex senatore, a tal proposito cita l’esperienza del Parco dell’Appennino: “la prova delle opportunità che un parco offre l’abbiamo avuta anche poche settimane fa, quando l’ente ha destinato ai comuni aderenti milioni di euro per efficientamento energetico, trasporto sostenibile e cura dei boschi”. (d.t.)
Il Parco regionale: un patrimonio di biodiversità lungo Magra e Vara

Il tratto ligure del Magra è Parco regionale dal 1995, quando con una legge regionale furono riuniti il Parco fluviale del Magra, istituito nel 1982, e l’area di interesse naturalistico-ambientale di Montemarcello, istituita nel 1985. Il Parco si estende sul tratto terminale del fiume, da Santo Stefano alla foce, e sull’area del Monte Caprione, che sovrasta Bocca di Magra sulla sponda destra del fiume, con il paese di Montemarcello in vetta (da qui la dizione Parco di Montemarcello – Magra). Inoltre, fa parte dell’ente l’asta fluviale del Vara, dalla diga di Ponte Santa Margherita, nel comune di Sesta Godano, fino all’immissione del fiume nel Magra a Vezzano Ligure.

Con l’approvazione di statuto e regolamenti il Parco divenne operativo a fine anni ’90, andando a tutelare una superficie a terra di 4.320 ettari (di cui 2.726 con divieto di caccia) distribuita su 16 comuni della provincia della Spezia. All’interno del territorio del Parco di Montemarcello-Magra-Vara ricadono quattro Zone Speciali di Conservazione di cui l’Ente Parco è stato nominato gestore. Il Parco comprende oltre il 60% delle foreste alluvionali residue della Liguria con caratteristiche di buona naturalità ed estensione, considerate “habitat di interesse comunitario prioritario”. Sotto il profilo della biodiversità, nelle zone umide della piana della Magra sono presenti specie vegetali come il morso di rana e piante endemiche come l’enagra di Marinella e la verga d’oro litorale. Oltre 80 specie di uccelli tutelate dalle normative europee sostano in queste zone e tra gli anfibi importante è la presenza della raganella, del rospo smeraldino, dell’ululone appenninico e del tritone punteggiato. (d.t.)