Mons. Santucci, al servizio della diocesi “iniziando dalle cose piccole”

L’ingresso in diocesi a Massa era avvenuto il 29 giugno 2010. Accanto alle attività ordinarie il vescovo Giovanni ha voluto creare momenti significativi di nuova evangelizzazione

L’ingresso di Mons. Giovanni Santucci in diocesi a Massa il 29 giugno 2010

Il commosso saluto che mons. Santucci ha rivolto ai sacerdoti, ai diaconi e ai fedeli fa capire quanto sia stato difficile per lui arrivare alla decisione di dimettersi. Ha svolto il suo ministero episcopale nella diocesi di Massa Carrara – Pontremoli per quasi undici anni.
Il suo ingresso era avvenuto il 29 giugno 2010, giorno di grande festa. Ad accoglierlo i confratelli della Toscana, tutti i sacerdoti della diocesi, le rappresentanze delle comunità del territorio provinciale, delle varie associazioni cattoliche e di volontariato insieme alle autorità civili e militari.
La giornata era iniziata con una visita all’Ospedale Pediatrico Apuano e agli operai della fabbrica Eaton, in situazione di crisi. Due momenti simbolici per dire della sua vicinanza a mondi in difficoltà. E i “luoghi” di difficoltà, nel periodo del suo mandato non sono mancati. Il motto scritto nel suo stemma “a minimis incipe” (inizia dalle cose piccole) indica il suo stile nell’approccio ai vari aspetti del suo servizio.
Accanto alle attività ordinarie della cura della diocesi il vescovo Giovanni ha voluto creare momenti significativi di nuova evangelizzazione. La Veglia di Pentecoste tra le rovine dell’antica Luni insieme ai cresimandi era un segno per ricordare e per tornare alle radici della fede: “là dove tutti siamo nati”. La “Via Crucis” al Castello Malaspina di Massa, con il coinvolgimento degli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, di attori e di musicisti per creare ponti col mondo dell’arte.
Segni di attenzione alla fede e al mondo contemporaneo. Tuttavia il perno attorno al quale ha ruotato il suo ministero è stata la Visita Pastorale. Per tre anni egli ha voluto viaggiare attraverso il territorio diocesano, andando anche nei paesini più sperduti, per incontrare le persone nei luoghi concreti in cui si vive la fede ogni giorno. In questo modo mons. Santucci ha potuto incontrare i consigli pastorali, le associazioni, tutte le realtà che formano il tessuto di una comunità. In questo modo ha potuto avere una panoramica completa delle forze presenti, del frastagliamento del territorio, della complessità di una diocesi composta dalle realtà di costa, piuttosto numerose, e quelle di “montagna” spesso ridotte ai minimi termini, composte spesso di persone anziane. Non è da sottovalutare anche la difficoltà di un clero che si riduce e che avanza nell’età.

Massa, la Cattedrale

Dalla visione complessiva nasce quindi la consapevolezza di istituire la Scuola di Formazione Teologico Pastorale e la rivitalizzazione dei “Gruppi di ascolto della Parola” per alimentare la collaborazione dei laici. Gli ultimi due anni li ha impegnati nella ristrutturazione delle collaborazioni pastorali tra le parrocchie. Il suo stimolo perché nascessero quelle che vengono definite “unità pastorali” è stato pressante. Stanno per formarsi, quindi, delle parrocchie “allargate” che detteranno una nuova prassi pastorale.
Non è mancata poi la sua presenza attiva nelle varie branche dell’attività diocesana, dalla famiglia, alla scuola, ai giovani, al sostegno delle varie associazioni cattoliche, in particolare la Caritas.
Non sono mancate le difficoltà e le spine. Il suo decennio è stato segnato anche da una alluvione e da un terremoto che ha messo in ginocchio molte parrocchie e ha creato difficoltà enormi per il ripristino di tante chiese (104 le chiese e gli oratori danneggiate).
Le spine sono note e forse hanno contribuito ad acuire i suoi malanni. Gli incontri con la gente, che ama incontrare, erano densi di empatia. Con la sua arguzia, col suo mettersi al pari della gente, con le sue battute “toscane” metteva le persone a loro agio e creava una simpatia immediata.
Nell’ultimo anno, anche a causa della pandemia, gli incontri di mons. Santucci con le comunità si sono diradati. Probabilmente era anche il segno di una fragilità che diventava pesante. Ora ha dato le dimissioni. Noi preghiamo per lui e gli auguriamo che il suo ingresso nel monastero di Subiaco gli renda la salute e la serenità.

Giovanni Barbieri

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