Provengono da un paliotto smembrato negli anni della guerra

Nel 1942, in pieno conflitto mondiale, quando le bombe non avevano ancora colpito Aulla, Antonio Cappellini pubblicava con la tipografia Terrile Olcese di Genova un fascicolo intitolato “Aulla e la sua insigne Abbazia”, una sintesi di studi già noti, ma importante per portare un po’ di luce sul destino di tre grandi formelle di marmo che, dopo tante traversie, in queste settimane hanno finalmente trovato una definitiva collocazione museografica.
Nella citata pubblicazione le tre formelle sono descritte assemblate con la didascalia “paliotto dell’altare della Madonna del Rosario” che in una piantina del 1857 era collocato nella navata sinistra; dopo il bombardamento della navata il paliotto non fu più ricomposto e le formelle furono depositate senza una collocazione razionale in vari angoli della chiesa.

Ora San Michele che calpesta il diavolo e la Madonna del Rosario, con ai piedi un Santo cappuccino con la bisaccia e il cuore in mano, affiancano di nuovo la Madonna della Misericordia di Savona raffigurata nella formella centrale. Le tre formelle sono di buona fattura, probabilmente databili tra seconda metà del XVI e prima metà del XVII secolo: certamente sono giunte in san Caprasio all’epoca del governo della famiglia genovese dei Centurione ai quali quasi certamente si deve la devozione, insolita in Lunigiana, alla Madonna della Misericordia di Savona.

Il 18 marzo 1536, la Madonna di Misericordia apparve al contadino Antonio Botta in una località a circa sette chilometri dal centro di Savona: l’immediato clamore trasformò il luogo in meta di pellegrinaggio e la Madonna fu acclamata patrona della città e dell’intera Repubblica di Genova. Nella formella di Aulla la Vergine, che accoglie a braccia aperte, è raffigurata scesa in terra, ha i piedi posati su una roccia dalla quale spuntano erbe e fiori, mentre il contadino Antonio Botta è devotamente posto in ginocchio, con il cappello che tiene ancora in mano, mentre sulla destra troviamo un angelo inginocchiato che regge un cartiglio con la scritta “Praepotens matris misericordie presidium”.
Bella è la raffigurazione di San Michele arcangelo, quasi un eroe classico, con lo sguardo fiero rivolto al cielo e i capelli al vento, la bilancia tenuta in alto e la spada rivolta in basso, mentre calpesta con entrambi i piedi il diavolo, circondato da fiamme. Di più difficile interpretazione è la formella raffigurante la Madonna del Rosario: è una classica apparizione tra le nuvole, reca sulle ginocchia Gesù bambino, che si tiene attaccato al velo, e con una mano porge il Rosario ad un Santo frate “da cerca” con i sandali che reca ai piedi una bisaccia e dona alla Madonna il suo cuore. Anche qui lo scultore ha raffigurato fiori e vegetali, ma l’incognita è il Santo sul cui nome ci sono diverse ipotesi da accertare.
Nel progetto di allestimento del percorso di visita di San Caprasio le tre formelle sono collocate nel salone rinnovato, nei pressi della torre musealizzata, in continuità con la saletta che ospita la collocazione di marmi policromi di altari, frammenti di stemmi di casa Centurione oltre alla documentazione fotografica degli arredi della chiesa così come si presentavano prima dei danni bellici.
(Riccardo Boggi)