Cultura, valori e ceto orientano i consensi più dell’appartenenza religiosa dei candidati
Di famiglia di origini irlandesi, Biden ricorda spesso l’importanza che la sua fede ricopre per lui, cita spesso gli insegnamenti ricevuti a scuola dalle suore del Cuore Immacolato di Maria e dai genitori cattolici, non nasconde di aver trovato conforto nella fede nei momenti più tragici della sua vita, legati alla perdita della prima moglie e di una figlia, nel 1972, e di un secondo figlio, nel 2015. Nel suo discorso della vittoria ha esplicitamente citato il Salmo 91.
Ma la fede di Biden si è dovuta confrontare con le critiche dei vescovi statunitensi per un’agenda politica che include protezione legale e finanziamenti federali per l’aborto. L’ex vice di Obama si dice infatti personalmente contrario all’aborto ma convinto che debba essere legale, con alcuni limiti. Per queste posizioni il cardinale Dolan si è spinto a proporre la scomunica per Biden in caso di elezione, in analogia ad una sua identica proposta quando a candidarsi alla Casa Bianca per i democratici fu, nel 2004, un altro cattolico, John Kerry, poi sconfitto.
Durante gli 8 anni di mandato come numero due degli Stati Uniti si dichiarò «a suo agio» di fronte al matrimonio tra persone dello stesso sesso e appoggiò la clausola contenuta nella riforma sanitaria di Obama che obbliga i datori di lavoro a fornire ai dipendenti una copertura per anticoncezionali e farmaci abortivi. Nel corso della campagna elettorale il neopresidente, più che sui temi etici ha puntato su argomenti come la giustizia sociale, l’ambiente, l’immigrazione, i rifugiati, la sanità per tutti, assumendoli come temi cattolici e non nascondendo di ispirarsi alle encicliche di papa Francesco.
Dalla visione politica di Biden e dalle sue divergenze con parte del mondo cattolico emerge quindi la classica dicotomia tra cattolici che privilegiano i temi etici e cattolici che contemplano nel loro bagaglio valoriale anche i temi sociali. Secondo tutti gli osservatori, negli ultimi decenni tra i cattolici americani la sensibilità politica verso i temi etici è cresciuta, sia per la forte attenzione che la Chiesa universale ha posto su questi temi, sia per l’effetto prodotto dalle comunità evangeliche.
Il variegato mondo evangelico propugna l’infallibilità della Bibbia, anche nelle sue definizioni più simboliche e metaforiche – e ciò spiega il loro acceso conservatorismo che spazia dal creazionismo al ruolo subalterno della donna – e ritiene che la fede sia frutto non della grazia divina, ma di un atto ragionato e volontario chiamato “rinascita”. Il forte proselitismo degli evangelici ai danni dei cattolici ha probabilmente indotto questi ultimi a competere sugli stessi temi.
Ma se queste fossero le uniche spiegazioni, ci troveremmo di fronte ad un voto facilmente interpretabile. La realtà è più complessa. Ai fattori religiosi si sovrappongono fattori razziali e etnici: i cattolici “figli” dell’emigrazione europea dell’Otto-Novecento (come Biden) hanno valori diversi dai cattolici di matrice ispanica (il gruppo numericamente preponderante) e da quelli della ridotta schiera di origine afro-americana. E a tutto ciò si sommano anche aspetti legati al ceto sociale e al reddito.
Secondo una prima indagine condotta dall’Università di Chicago i cattolici bianchi hanno votato al 57% per Trump (erano il 61% del 2016) mentre gli ispanici hanno votato al 67% per Biden. Nel complesso, i cattolici si sarebbero divisi equamente: 50 a 50. Anche negli Stati Uniti, l’unità politica dei cattolici è più un (falso) mito che una realtà. (d.t.)