Con la sua redenzione Cristo ha aperto le porte dell’eternità
Il 2 novembre la Chiesa celebra l’eucarestia per commemorare tutti i fedeli defunti. In quella data, i rappresentanti delle associazioni di combattenti, e l’Amministrazione comunale e provinciale, nonché le autorità militari, rendono omaggio, nel cimitero di Mirteto a Massa, a quanti hanno sacrificato la vita per la patria.
Quest’anno, a causa della pandemia e delle disposizioni anti assembramento, la celebrazione commemorativa si è tenuta nel duomo di Massa. Presente, a nome della città, il sindaco di Massa, Francesco Persiani. A presiedere il sacro rito, il Vescovo Giovanni che, in questa occasione, è solito scendere nella Cripta della Cattedrale, dove si trovano le urne dei Malaspina, per pregare davanti alle tombe di alcuni vescovi di Massa che lì sono tumulati: in particolare mons. Giuseppe Bertazzoni, mons. Carlo Boiardi, mons. Emilio Maria Miniati e mons. Aldo Forzoni.
Una tradizione secolare
La Commemorazione dei fedeli defunti risale al secolo IX, in continuità con l’uso monastico del secolo VII di consacrare un giorno completo alla preghiera per tutti coloro che non erano più tra i vivi. In particolare, Amalario, nel secolo IX, poneva già la memoria di tutti i defunti successivamente a quelli dei santi che erano già in cielo.
È solo con l’abate benedettino sant’Odilone di Cluny che la data del 2 novembre fu dedicata alla commemorazione di tutti i fedeli defunti, per i quali già sant’ Agostino lodava la consuetudine di pregare anche al di fuori dei loro anniversari, proprio perché non fossero trascurati quelli senza suffragio.
Purtroppo, quest’anno, per gli spazi ristretti del sepolcreto malaspiniano, non è stato possibile compiere quel gesto di suffragio, cui molti fedeli, legati soprattutto alla figura dell’ultimo vescovo ivi sepolto, mons. Aldo Forzoni, erano abituati.
La celebrazione in Cattedrale è iniziata sulle note del Requiem. Un introito solenne e disteso che ben introduce al senso profondo della Missa defunctorum: pregare per tutti i morti chiedendo a Dio, per loro, la pace eterna. Il Vescovo, ad inizio omelia, ha ringraziato i vari rappresentanti delle associazioni presenti con i loro labari. “Amare le persone e servirle fino al dono della vita, è di grande esempio – ha detto mons. Santucci –. Suscita sempre ammirazione anche ora, vedere tanti medici e infermieri, nei nostri ospedali, sacrificarsi per non fa mancare le cure a nessuno. Molti hanno dato la vita compiendo fino in fondo il loro dovere: a loro va il nostro ringraziamento”.
Il Vescovo poi ha ricordato come spesso la santità sia una dimensione ‘feriale’ e non legata a grandi eventi. “Papa Francesco li chiama i ‘santi della porta accanto’: un’espressione bellissima che aiuta a non smarrirci di fronte alla tanta paura che si sta sempre più diffondendo accanto a noi”. La festa dei defunti impegna ad una riflessione: “vivere non è una disgrazia, una sfortuna, ma un dono di Dio che ci viene liberamente offerto”. L’uomo non è immortale: è l’esperienza che tocca tutti noi.
“I credenti – ha proseguito mons. Santucci – sanno che all’inizio non era così: la morte è entrata nel mondo come conseguenza del peccato di Adamo, ma la redenzione operata da Cristo ci ha dischiuso le porte dell’eternità”. Il vescovo poi ha sottolineato che è grazie al Battesimo che siamo diventati “figli nel Figlio, coeredi di Cristo. Quando ci presenteremo davanti alla porta del cielo – ha concluso il presule – potremo dire: questa casa ci appartiene, è la casa di mio Padre ed io sono suo figlio, fatemi entrare”.
Con il Vescovo hanno concelebrato il parroco della Cattedrale, mons. Giulio Rossi, i canonici don Luca Franceschini e mons. Ivo Ercolini. Il servizio liturgico all’altare è stato assicurato dal gruppo dei giovani seminaristi che frequentano l’anno propedeutico. A guidare i canti dell’assemblea don Luca Signanini che si alternava alle voci della Cappella Musicale della Cattedrale.
(R.B.)