Guccini da Pàvana, il “modenese volgare”, tra note e parole

Ha appena compiuto ottant’anni: abbandonata la produzione musicale continua quella editoriale con “Tralummescuro” 

25GucciniNella vita di ciascuno di noi ci sono stati, parafrasando il titolo di un libro di Francesco Piccolo, “momenti di trascurabile infelicità”; accade però che talvolta alcuni di quei momenti non siano per niente trascurabili. L’eskimo che indossavo, quando andavo a insegnare a Milano negli anni ’70 era diventato, neanche a dirlo, il mio inseparabile compagno nelle fredde sere milanesi, peccato che poi in casa decisero che non mi sarebbe più servito e poteva quindi essere dato a chi raccoglieva vestiti usati. Così mi trovai a vivere davvero un momento di non trascurabile infelicità. Quando poi Guccini, qualche anno più tardi, lo immortalerà nell’album del 1978, Amerigo, cantando “portavo un eskimo innocente”, rammarico e dispiacere furono ancora maggiori.
Già, perchè allora Francesco Guccini era per noi giovani un punto di riferimento, per le canzoni, per i suoi atteggiamenti, per le sue idee, per quel modo particolare di intrattenere il pubblico nei suoi concerti. Lui il “modenese volgare” che già con le prime canzoni si imponeva per i testi, un po’ meno per la musica, esordisce nel 1967 con Folk beat n.1 Francesco, dieci canzoni, alcune riprese dai Nomadi di Augusto Daolio: Noi non ci saremo, In morte di SF (più conosciuta come Canzone per un’amica), Auschwitz e poi, ancora di quell’anno, l’intramontabile Dio è morto.
26Francesco_Guccini1A quel primo album ne seguirono tanti altri e per ciascuno di essi una o più canzoni sono rimaste come una sorta di bandiera che ha sventolato e sventola ancora per i giovani di allora e per quelli di oggi. Ecco quindi Incontro, La locomotiva e, per certi versi ripudiata, L’avvelenata e ancora quelle pennellate sonore con le quali descrive la sua Modena in Piccola città o Bologna.
Guccini rivela poi una particolare abilità sia nel descrivere situazioni (Autogrill, Canzone delle osterie di fuori porta, Scirocco,…) sia nel fornire ritratti di personaggi quali Il pensionato, Il frate, Amerigo, Van Loon, Signora Bovary… Non vogliamo annoiare i lettori con un interminabile elenco di canzoni di Francesco Guccini perché tante di loro fanno parte da tempo di quella intramontabile colonna sonora della vita di molti.
I testi delle canzoni sono tutti davvero molto belli, da Folk beat n.1 fino alla sua fatica più recente L’ultima Thule, il ventiquattresimo album con il quale si congeda dallo studio discografico, finendo per abbandonare anche i concerti. I suoi interessi sono molteplici e spaziano dal teatro al fumetto, dalla glottologia, alla lessicografia, alla dialettologia. Le sue ricerche lo portarono anche a Pontremoli per chiedere informazioni su termini dialettali all’allora bibliotecario Mauro Bertocchi.
E che il professore Guccini (chissà come saranno state le sue lezioni in classe…) sapesse scrivere è fuori di dubbio. Oltre alle sue canzoni lo testimonia anche la sua produzione letteraria. Esordisce nel 1989 con Croniche epafaniche nel quale racconta la sua infanzia a Pàvana; seguirà Vacca d’un cane dove il giovane Francesco è a Modena, quella piccola città bastardo posto, poco amata dal cantautore che avverte i limiti della provincia e finirà per trasferirsi a Bologna.
Diversi libri sono scritti in collaborazione con Loriano Macchiavelli, alcuni gialli nei quali è protagonista il maresciallo Santovito e poi Tango e gli altri, Macaroni, Un disco dei Platters
L’ultima fatica di Guccini è un bel libro che ha nel titolo una musicalità affascinante: Tralummescuro – Ballata per un paese al tramonto entrato nella cinquina finalista del Premio Campiello. Scrive Guccini: “Noi da queste parti abbiamo un nome per quest’ora, un’ora che è di tutti, un’ora che è pace e presagio. La chiamiamo tralummescuro…”.
A 80 anni Guccini non è per niente… tralummescuro ma, pur lontano dai riflettori, nella sua Pàvana, è comunque sempre sulla scena, fa ancora parlare di sè. Lui è il cantautore che ho amato più di tutti gli altri tanto da sentirlo ancora oggi, anche se non canta più, vicino. E quella vicinanza si rinnova per me ogni anno, proprio il 14 giugno, giorno che mi accomuna a Francesco Guccini nel compleanno. A questa età, anche un giorno del calendario può essere un momento di non trascurabile felicità.

Fabrizio Rosi