In 40 anni un arrivo di tappa a Pontremoli e una partenza da Aulla; i tanti passaggi su Cisa, Brattello e Carpinelli; un lunigianese in maglia rosa e la nascita della rivalità Bugno-Chiappucci sul Lagastrello. Nel 1981 la fuga di 173 km di Moser e Contini risalì la Lunigiana e la Cisa. Nel 1988 altra scalata del Passo con la maglia rosa sulle spalle di Podenzana. Nel 1996 la tappa parte da Aulla, nel 1999 la Cisa affrontata in discesa così come nel 2004 quando Pontremoli fu sede di arrivo con la vittoria di Cunego.

Per ora nulla di ufficiale. Il 3 aprile RCS, la società che organizza il Giro d’Italia, annuncerà le nuove date della corsa rosa, ad ora sospesa come praticamente l’intero sport europeo. Ma il timore, ben fondato, è che il Giro 2020 non si disputi per la prima volta dal 1945. Il percorso di quest’anno, con partenza a Budapest, tre tappe in terra ungherese e trasferimento in Sicilia, con risalita della Penisola sul versante jonico e adriatico, tradizionale settimana finale sull’arco alpino e finale a Milano, non toccherà la Lunigiana o le aree geografiche circonvicine. L’ultimo passaggio in zona risale al 2015, quando la quinta tappa, partita da Spezia con l’australiano Clarke in maglia rosa, transitò ad Aulla e uscì dalla Lunigiana dai Carpinelli per raggiungere L’Abetone. Negli ultimi 40 anni sono stati molti, alcuni agonisticamente significativi, i passaggi dei girini in val di Magra. A partire dal 1981, quando il percorso della Montecatini – Salsomaggiore risalì la Lunigiana fino alla Cisa. Fu la tappa della memorabile fuga di 173 km di Francesco Moser che prima in compagnia della maglia rosa Contini, poi da solo, andò a vincere nella cittadina parmense. Chi era a bordo strada ricorderà i quasi 6 minuti di vantaggio sul gruppo con i quali la coppia transitò ai piedi della Cisa, tra il tripudio dei tifosi del ciclista trentino.

Ma senza dubbio il transito che mosse maggiormente il tifo popolare rimarrà quello del 1988; il primo giugno, alla vigilia delle grandi montagne, la Carrara – Salsomaggiore scatta con Massimo Podenzana in maglia rosa. Podenzana è quello che i francesi chiamano l’enfant-du-pays: è nativo di Bolano, e percorrerà la tappa di casa con il simbolo del primato sulle spalle. Per lui una passerella di 60 km, con l’apoteosi sui tornanti finali della Cisa, gremiti da un pubblico d’altri tempi. La tappa andrà a Paolo Rosola e il Giro se lo aggiudicherà l’americano Hampsten che vestirà la maglia rosa nella tappa della bufera di Passo Gavia. Il 1990 la corsa transita sul Passo del Lagastrello. E’ il Giro di Bugno in maglia rosa dall’inizio alla fine e la tappa, da La Spezia a Langhirano, in una giornata fredda e piovosa, verrà vinta per la prima volta da un professionista sovietico, Pulnikov. Ma la vetta appenninica è teatro di un episodio che segnerà gli anni successivi: la maglia rosa viene attaccata in discesa, mentre indossa la mantellina, da un suo rivale nelle categorie giovanili, Claudio Chiappucci, varesino figlio di genitori barsàn di Castiglione del Terziere. La supposta assenza di fair-play e la polemica che ne scaturisce daranno corpo all’ultima grande rivalità del ciclismo italiano.

Nel 1995 la tappa da Pietrasanta al Ciocco, in Garfagnana, transita per la valle dell’Aullela e per i Carpinelli con l’elevetico Tony Rominger vestito della maglia rosa che porterà fino alla fine della corsa a Milano, mentre nel 1996 a trionfare a Marina di Massa dopo un giro del circuito della Foce di Carrara è Mario Cipollini; il giorno dopo la tappa ripartirà da Aulla, direzione Loano. Il 27 maggio 1999 propone una movimentata tappa appenninica da Sassuolo a Rapallo; si affronta la Cisa in discesa e, dopo l’attraversamento di Pontremoli, la carovana torna in Emilia affrontando il Brattello inaugurando il micidiale muro di Grondola, asfaltato per l’occasione. Sarà una tappa interlocutoria (vittoria del francese Virenque), ricordata soprattutto per l’ultimo passaggio in Lunigiana, in testa al gruppo, scortato dai suoi gregari, dello sportivo allora più popolare d’Italia, Marco Pantani, nove giorni prima della sua sospensione e dell’inizio della parabola esistenziale, segnata dalla morte nel febbraio 2004. Quell’anno il Giro d’Italia, orfano del Pirata, è alla ricerca di un corridore capace di riaccendere l’entusiasmo dei tifosi. Lo trova quasi subito, nel primo arrivo di tappa in Lunigiana della lunga storia del Giro, a Pontremoli.

Nella seconda tappa partita da Novi Ligure, a vincere è un giovanissimo veronese, Damiano Cunego, che scollina per primo il Brattello, affronta con sicurezza l’insidiosa discesa e sull’ondulato rettilineo finale vince allo sprint su McGee. Il giorno successivo la corsa attraverserà la Lunigiana da Pontremoli ai Carpinelli, direzione Corno alle Scale. Nel 2007 la Reggio Emilia – Lido di Camaiore scenderà in Lunigiana dal Passo del Cerreto. Nella località versiliese vittoria in volata di Danilo Napolitano. Nel 2010, infine, le strade lunigianesi caratterizzano la Fidenza – Marina di Carrara. In maglia rosa c’è un giovane gregario di belle speranze, Vincenzo Nibali. I corridori scendono dal Brattello, puntano verso sud passando per Arpiola, ad Aulla svoltano verso il fivizzanese e a Ceserano imboccano la Spolverina: le ondulazioni tra San Terenzo, Tendola e Fosdinovo porteranno i corridori nella capitale del marmo e dopo un giro delle cave scenderanno al piano. Della nutrita fuga nata poco dopo la partenza resiste solo l’australiano Mattew Lloyd che arriva da solo sul lungomare carrarese
(Davide Tondani)