

Sono passati 75 anni da quel 17 ottobre 1944 quando i tedeschi vennero guidati da una spia all’assalto del Comando Unico Operativo organizzato dalle formazioni partigiane a Bosco di Corniglio, nell’Alta Val Parma. Fu uno degli eventi più drammaticamente rilevanti della Resistenza nell’Appennino, una operazione che voleva decapitare i comandi partigiani e infliggere un colpo forse definitivo alla lotta contro l’occupazione nazifascista. E per poco il progetto non andò a buon fine: nonostante le gravi perdite subite, le “bande” riuscirono a riorganizzarsi ma il prezzo pagato fu molto alto.
In quel piovoso giorno di ottobre a Bosco di Corniglio era in corso una riunione del Comando Unico: attorno al tavolo erano i vertici di tutta la Resistenza nel parmense e nell’Appennino. Tre vennero uccisi: Giacomo di Crollalanza “Pablo” (comandante della 31.ma Brigata Garibaldi), falciato da una raffica mentre cercava di fuggire da una finestra; il carrarese Gino Menconi “Renzi” (responsabile del comando della piazza di Parma) ferito, legato ad un letto e bruciato vivo; il sarzanese Giuseppe Picedi Benettini “Penola” (ufficiale di collegamento tra le formazioni) morto nel combattimento che seguì l’attacco a sorpresa e nel quale caddero anche i partigiani Enzo Gandolfi, Domenico Gervasi e Settimio Manenti.
Per fortuna alcuni di coloro che partecipavano alla riunione riuscirono a salvarsi gettandosi dalle finestre nonostante le raffiche tedesche. Tra questi anche Achille Pellizzari “Poe”, commissario politico delle formazioni ad ovest del Taro, e Giacomo Ferrari “Arta” che nei giorni seguenti avrebbe sostituito “Pablo” nel comando fino ad essere nominato comandante unico delle formazioni partigiane nel parmense.
Giacomo di Crollalanza e Gino Menconi vennero decorati di medaglia d’oro al valor militare alla memoria; Giuseppe Picedi Benettini con quella d’argento.