La morte di Desirée, quando il degrado annida nell’animo umano

41giustiziaL’agghiacciante delitto che ha portato alla morte Desirée Mariottini, la sedicenne di Cisterna di Latina, ci fa venire in mente “Se questo è un uomo”. Le scene horror compiute dagli aguzzini, in un fatiscente capannone abbandonato di periferia, destano raccapriccio, vergogna ed insieme suscitano tante domande a cui noi adulti siamo chiamati a dare risposte.
Desolazione per il degrado che annida nell’animo umano e per i crimini atroci di cui esso può essere causa in tante situazioni come questa.
Chissà cosa ha spinto la ragazzina nell’inferno di quel luogo, covo di sbandati, di disperati, di uomini senza scrupoli, pronti a tutto poiché da tempo, o forse da sempre, avevano oltrepassato il confine di un’esistenza normale, vivendo nel buio dell’illegalità e della barbarie.
Un branco di killer, indipendentemente dalla nazionalità e dal colore della pelle, che ha seviziato, drogato, violentato, soffocato e soppresso una vita che stava per sbocciare. Desirée non doveva trovarsi in quel ghetto, San Lorenzo, lontano da casa, dove attecchiscono realtà che riescono a eludere ogni tentativo di controllo, un sito che pare conoscesse in quanto già frequentato in passato.
Una ragazzina che sicuramente viveva una situazione di disagio comune a tanti adolescenti. Una ragazzina che si credeva grande, che voleva sperimentarsi in situazioni a rischio, interrogarsi circa la propria autonomia di volo, dimostrando a se stessa e al mondo di valere, o almeno di esistere, senza il controllo delle emozioni soffocate dietro uno sballo sconsiderato e folle.
Come tanti suoi coetanei frequentava i social e sul suo profilo facebook scriveva: “Nata principessa, cresciuta guerriera, un angelo bianco con l’anima nera”. Ma la rete digitale non suscita legami affettivi, relazioni capaci di far crescere. Può farci piangere, ridere, divertire ma non dà sentimenti veri.
Indispensabile, allora, la famiglia capace di dare regole, di amare, di ascoltare, di redarguire, di testimoniare i valori che veramente contano. Eppoi la scuola, le istituzioni, gli adulti che non giudicano, ma aiutano i giovanissimi a scoprire i loro talenti e le loro passioni.
Tutti, di fronte ai sogni spezzati di Desirèe, dobbiamo sentirci coinvolti per ogni volta che non ci siamo fatti arico fino in fondo delle nostre responsabilità educative. Per aver detto ai ragazzi che tutto va bene, per non averli indotti a pensare alle conseguenze di certe azioni, inducendoli così, sia pure in modo inconscio, ad alzare paurosamente la soglia delle tante trasgressioni a disposizione.
Pensiamoci seriamente. La posta in gioco è troppo alta.

Ivana Fornesi