Ermanno Olmi, poeta dell’immagine

È morto a quasi 87 anni il regista che ha raccontato l’Italia contadina e la sua dimensione spirituale

19Ermanno_OlmiHa sfidato la malattia con coraggio ed energia il maestro del cinema italiano Ermanno Olmi, che è morto nella notte tra domenica 6 e lunedì 7 maggio all’età di quasi 87 anni, essendo nato il 24 luglio 1931.
L’ultimo dono della sua arte è stato il documentario “Vedete, sono uno di voi”, del 2017, dedicato alla figura del cardinale Carlo Maria Martini; opera poetica di grande impatto storico-culturale, che ha finito con l’avvicinare nell’ultimo tratto il cammino terreno del cardinale e del regista: entrambi sofferenti ma luminosi nell’accogliere e convivere con la malattia guardando con fiducia all’abbraccio con il Padre.
La figlia Elisabetta, in occasione della proiezione speciale in Filmoteca Vaticana, aveva sottolineato: “Papà, ci teneva molto al documentario. Aspetto cui teneva particolarmente era dare la sua voce al film, impersonare il card. Martini. Per papà, per Olmi il documentario è un po’ come un testamento artistico”.
È stata lunga e solida la presenza di Ermanno Olmi nel mondo del cinema e dell’audiovisivo, densa di riferimenti e con continui richiami alla tradizione cristiana, all’universo valoriale cattolico. Il film d’esordio, “Il tempo si è fermato”, risale al 1959 ma il primo vero successo arriva nel 1961 con “Il posto”; sul set conosce anche la futura moglie Loredana Detto.
Con “Il posto” il regista bergamasco ci consegna l’immagine di un Paese che procede a passo spedito verso lo sviluppo, che però non è sempre facile da controllare. L’opera della maturità, che gli attira il consenso di critica e pubblico è “L’albero degli zoccoli”, Palma d’oro al Festival di Cannes nel 1978: è il racconto dell’Italia contadina attraverso le vicende di alcune famiglie, un inno a quell’insieme di tradizioni popolari e rurali che costituiscono le nostre radici e aprono alla fiducia nel domani.
Poi il Leone d’oro e il premio della Giuria cattolica Ocic (oggi Signis) per “La leggenda del santo bevitore” (1988). Con “Il mestiere delle armi”, nel 2001, Olmi vince anche 9 David di Donatello e 3 Nastri d’argento. Con “Centochiodi” (2007), una storia ambientata nella Bologna contemporanea, si spinge ad abbracciare, con provocazione mai priva di afflato poetico, l’orizzonte cristologico: non l’idolo degli altari e degli incensi e neppure quello dei libri ma “il Cristo Uomo, uno come noi, che possiamo incontrare in qualsiasi tempo e luogo”.
Nel 2011, con “Villaggio di Cartone” il regista si abbandona a un accorato e struggente invito alla Chiesa e alla comunità tutta ad accogliere l’altro, lo straniero, il bisognoso di integrazione e di inclusione.

Agenzia Sir – C.N.V.F.