Negli anni Sessanta inizia l’ondata di contestazioni e la crescita del terrorismo

Manifestazioni di piazza, attentati terroristici, stragi neofasciste. Una stagione che culmina nel rapimento di Aldo Moro

11Anni_di_piomboL’Italia negli anni Sessanta mantiene solido il sistema democratico e lo sviluppo economico, sociale e civile ma con squilibri e carenze. Il Sud non conosce adeguata modernizzazione, la mafia diventa una potenza sociale, l’alternanza tra partiti di governo e opposizione è ritenuta impossibile nel quadro della guerra fredda, ne viene corruzione e inefficienza. Settori extraparlamentari sconfinano nel terrorismo sia a destra sia a sinistra. Si succedono governi che durano poco per contrasti interni, il processo riformistico è significativo, ma si attua in modo disordinato.
La burocrazia è inadeguata ad una società industriale avanzata integrata in Europa. Matura la proposta di un governo di centro-sinistra, che si attua nel 1962. Anche la Chiesa si apre alle richieste sociali con papa Giovanni XXIII. La formula non piace alle destre e ai comunisti, ma porta al primo governo Moro con la partecipazione diretta del PSI: cade nel 1964 per opposizione della destra DC e del PSIUP e per segni di recessione.
Moro è presidente del Consiglio due volte tra il 1964 e il 1968. La svolta a sinistra, agevolata anche dal Memoriale di Yalta di Togliatti che teorizza un’evoluzione socialdemocratica, pur restando il legame con l’URSS, continua ad allarmare gli ambienti conservatori e cominciano azioni clandestine e illegali a scopo eversivo anche dentro le istituzioni.
De Lorenzo dei servizi segreti militari tenta nel 1964 un colpo di Stato. Le elezioni del 1968 registrano un calo di consenso ai partiti del centro-sinistra, il grande slancio produttivo si sta esaurendo come quello delle riforme dei compiti dello Stato indicata da Moro.
Su queste difficoltà fanno gioco destabilizzante estremisti fascisti e la sinistra extraparlamentare. Contestano gli studenti, poi gli operai dell’autunno caldo 1969. Le forze più conservatrici tramano per una svolta autoritaria (strategia della tensione); mettono le bombe il 12 dicembre 1969 nella banca dell’Agricoltura a Milano, i 17 morti segnano l’inizio degli ”anni di piombo”. Seguiranno la rivolta di Reggio Calabria, le bombe di Brescia, del treno Italicus e di Bologna con 82 vittime.
Contro lo Stato anche forze eversive di sinistra, sono nuclei armati per attuare confuse ideologie anticapitalistiche: preminenti le Brigate rosse con attentati, gambizzazioni, assassinio programmato, associate con i Nuclei armati proletari, Prima Linea, Lotta continua e altri.
La minaccia di scardinamento dello Stato determina una convergenza tra il PCI di Enrico Berlinguer e la parte DC guidata da Moro, convinto della necessità di un accordo politico di fondo coi comunisti, che buona parte della DC avversava: è il Compromesso storico.
Grave è la situazione economica con inflazione al 18%, corruzione pubblica dilagante, debolezza politica. Le elezioni del 1975 registrano flessione dei socialisti e il massimo successo dei comunisti.
Nasce un governo monocolore DC che si regge sulla “non sfiducia” soprattutto da parte del PCI, che collabora con responsabilità. Il profilarsi di una futura grande coalizione porta al rapimento di Moro, presidente DC, e alla morte di 5 poliziotti. “L’affaire Moro” ha matrice oscura: firmato BR, fa contenti i conservatori e gli estremisti ostili al nuovo corso politico caro allo statista. (m.l.s.)