
Il Rapporto della Camera di Commercio conferma la crisi dell’economia
Un Rapporto Economia di metà anno “speciale”, quello confezionato dall’Istituto Studi e Ricerche (ISR) della sopprimenda Camera di Commercio di Massa Carrara (in procinto di essere incorporata in un nuovo ente camerale della Toscana del Nord, a seguito di una discutibile riforma). Speciale perché il consueto stato dell’economia di metà anno che i ricercatori dell’ISR propongono in autunno, quest’anno ha offerto molti focus specifici sulla Lunigiana. La cornice di riferimento per capire lo stato di salute dell’economia della val di Magra rimane quella provinciale: un contesto fatto di realtà di eccellenza, segnali incoraggianti ma dentro uno scenario problematico, con tassi di crescita del numero di imprese positivo ma in diminuzione nel primo semestre 2017; con un risveglio dell’imprenditoria giovanile – 402 imprese nel 2016 – indirizzato principalmente nel settore agricolo e nell’edilizia. Continua, nel frattempo, la crisi dell’artigianato, mentre nel settore lapideo crolla ai minimi degli ultimi decenni l’estrazione di blocchi e nel contempo prosegue inarrestabile la crescita delle scaglie, impiegate nell’industria chimica sotto forma di carbonato di calcio. Se si aggiungono il tasso di disoccupazione (16,6%) più alto di tutto il Centro Nord Italia e una raccolta bancaria di risparmi in diminuzione (-2,9%) il quadro è sufficientemente chiaro. La Lunigiana, dunque.
È proprio dal settore del credito che i ricercatori ISR sono partiti per descrivere la situazione economica della val di Magra: dal 2011 al 2016, i depositi bancari in Lunigiana sono aumentati del 34,3% (contro il 29,7% di crescita nei comuni apuani) attestandosi alla cifra di 526 milioni di euro. Un dato che ha portato molti osservatori ad esclamare che “in Lunigiana i soldi ci sono”: dato inoppugnabile, ma che trascura come questi siano frutto spesso di lavoro fuori provincia, di pensioni risalenti ad un’epoca più allegra del sistema previdenziale, di economia sommersa o informale, non di un sistema economico locale robusto e autosufficiente. Dei 526 milioni, inoltre, solo 391 (10 milioni di euro in meno rispetto a 5 anni prima) si trasformano in credito erogato a imprese e famiglie locali. I rimanenti soldi vengono impiegati altrove dalle banche. Scarsa imprenditorialità del lunigianese aduso a lamentarsi piuttosto che a investire? O condizioni geografiche e sociali al limite per chi tenta la carta di un’attività in proprio che vada oltre quel turismo enogastronomico che a giudizio di troppi osservatori a corto di conoscenza della realtà lunigianese appare la panacea di tutti i mali? In attesa di una risposta che richiederebbe ben altro spazio, alla presentazione del Rapporto avvenuta la settimana scorsa al Castello di Terrarossa è emerso il quadro di un territorio che nel 2016 ha perso 500 abitanti (441 se si considera il saldo migratorio), in cui il settore edile registra un minor fatturato del 5% contro il +1,8% della zona Costa e in cui il commercio al dettaglio fisso ha perso il 9,1% delle proprie attività dal 2010, con punte del -12% a Pontremoli e -16% a Villafranca e a Fivizzano. Anche il turismo non se la passa bene: secondo le stime dell’ISR, la Lunigiana, dal 2000 al 2016 ha visto dimezzarsi i turisti delle seconde case (-48,1%) e ridursi di un quarto le presenze ufficiali stimate, ma dati negativi riguardano anche il confronto più “corto” con il 2015. Tutto ciò nonostante, la val di Magra sembra credere nel turismo: dal 2015 al 2016 sono aumentate del 3,6% (+1,2% la media dei comuni a mare) le strutture ricettive e del 3,7% i posti letto, ridottisi invece dello 0,4% in Costa. (Davide Tondani)